UN
ANNO E' ANDATO VIA
San
Silvestro con i soliti, solidi, vecchi amici. Ormai sembriamo i
matti di quella antica storiella, che, conoscendo a memoria le loro
barzellette non se le raccontavano neppure più ma enunciavano solo
il loro numero d’ordine ottenendo immediata comprensione e ilarità.
Un
paio di Grandi Amici, presenti in diversi capodanni condividendo
ragionamenti, sorrisi, canti, battute e giochi da tavolo, non ci
sono più e ci mancano.
La
(mia) tradizione di iniziare l’anno nuovo stringendo fra le dita e
contro il petto una chitarra è tramontata. Non che io non ami più
suonare: pressoché ogni giorno accarezzo e parlo con le mie ragazze
dai fianchi generosi e dalla voce squillante. Ma è cambiato
l’approccio, il feeling. Le occasioni di proporre la mia musica
sono aumentate (cd, video, concerti, esibizioni) e in parallelo è
diminuita la voglia di rifilare nel solito salotto le solite canzoni
ai soliti vecchi amici (che ringraziano). Io suono musica datata,
musica che ha ampiamente superato la prova del tempo, come il buon
vino: antiche ballate anglosassoni, il rugginoso blues nero,
l’ingenuo e vitale rock ‘n’ roll e qualche pezzo mio, da
cantautore. Nessuna concessione a mode, novità, festival,
classifiche attuali. Musica di nicchia, insomma, per appassionati.
Va bene così. Parafrasando Enrico V a Azincourt, non vorrei mai
imporre la mia musica a chi non ha voglia di ascoltarla.
Il
2014, al di là dei superficiali e retorici algoritmi di facebook
che pescano fra le tue foto per proporti incoscienti rassegne
fotografiche sotto il titolo “È stato un anno meraviglioso”, in
realtà è stato faticoso e drammatico per molti e (almeno per chi
si sente posizionato sul lato del cuore e non dalla parte del
portafoglio) si fa fatica a sentirsi contenti se questa sensazione
non è condivisa anche dal tuo prossimo. La crisi ci sta travolgendo
ed è ormai epocale. Era il 2005 e parlavo con un mio pusher
(venditore di strumenti musicali) che mi diceva: “Dicono che la
crisi sta finendo (era il 2005, ripeto), ma sono balle. Da quella
porta (e indicava l’ingresso del suo negozio) oggi entrano più
persone che vogliono vendere strumenti di quelli che ne vogliono
comprare. Peggiorerà.”
La
globalizzazione (alla faccia di termini come “occasione”,
“opportunità”, “sfida”, “elasticità”) ci ha fregati.
La produzione (e i soldi) si sono spostati in Cina, Indonesia,
Brasile che ci vendono a prezzi stracciati ciò che una volta ci
facevamo in casa ed esportavamo pure. Politici, movimenti,
sindacati, economisti, intellettuali, imprenditori, giornalisti,
capipopolo, guru, indovini, papi e vicini di casa, nessuno ha idee,
analisi, ricette, proposte, soluzioni, bacchette magiche. In tempi
di crisi è inevitabile indignarsi se i privilegiati e gli
approfittatori hanno ingiustamente (anche se legalmente) troppo, ma
potare le loro entrate non risolverà il problema principale.
Restano da ridistribuire le risorse togliendone (e scontentando) un
po’ a molti di noi per far respirare chi sta peggio, ma anche questo non
è che razionare le gallette e l’acqua sulla zattera dei
naufraghi, per durare un po’ più a lungo. Parlo dell’Italia, è
chiaro. A me sembra che le uniche cose non globalizzabili, non
decentrabili e caratteristiche del nostro Paese siano il sole,
l’arte, il mare, la storia e il cibo. Ma io non ho titolo per
suggerire nulla a nessuno, salvo, forse, come cambiare le corde a
una chitarra.
Perciò
dal 2015 non mi aspetto granché, al massimo di declinare un po’
più lentamente, sia come nazione, sia come individuo. La differenza
fra Sinistra e Destra, se ancora ce n’è una, è che di fronte al
gelo i primi si stringono l’uno all’altro per condividere calore
e sostegno, mentre i secondi sgomitano e scalciano per arrivare più
vicini al camino.
Altre
prospettive non ne vedo, ma cosa mi costa? Buon Anno.
"Un
anno è andato via della mia vita, già vedo danzar l'altro che
passerà.
Cantare
il tempo andato sarà il mio tema perché negli anni uguale sempre
è il problema:
e
dirò sempre le stesse cose viste sotto mille angoli diversi,
cercherò
i minuti, le ore, i giorni, i mesi, gli anni, i visi che si sono
persi,
canterò
soltanto il tempo...
Ed
ora dove sei tu che sapevi ridare ai giorni e ai mesi un qualche
senso?
La
giostra dei miei simboli fluisce uguale per trarre anche dal male
qualche compenso:
e
dirò di pietre consumate, di città finite, morte e sensazioni,
racconterò
le mie visioni spente di fantasmi e gente lungo le stagioni
e
canterò soltanto il tempo..."
[Francesco
Guccini, “Il tema” - 1970]
31/12/14
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