LIBERI
DI SOGNARE
Red
Fox: album “Free” – 25 aprile 2014
Un
parto. Nove mesi di lavoro, da agosto a fine aprile, sfruttando
febbrili fine settimana, alternandoli a periodi di decantazione,
ascolto e ripensamenti. Ma adesso è qua: il secondo cd del duo Red
Fox, ovvero la celtica Donata Guerci (voce, riccioli, percussioni e
chitarra) e il westerner Franco Nervo (voce, dubbi, chitarra e corde
doppie assortite). Dieci pezzi, scelti man mano che il progetto
procedeva e che alla fine si riveleranno magicamente ed equamente
suddivisi fra proposte sue e mie. Lei porta i pezzi più irlandesi,
più lirici, più tradizionali, più dolci: Gipsy
Davey, Two Sisters, The Cuckoo, Paddy’s
Lamentation, The Twa
Corbies; io i pezzi più mossi, le contaminazioni, le citazioni:
The Queen Of Argyll, John
Barleycorn, The Raggle
Taggle Gipsy, Summer Day
Reflection Song, Will Ye
Go To Flanders?
Il
primo album era un live,
nato quasi per caso. Umberto si era occupato dei suoni in un paio di
concerti e ne aveva approfittato per registrare le performance.
Donata, pur essendo una professionista perfezionista, aveva ammesso
che il risultato, pur con tutte le slabbrature di un live, non era
male e che potevamo trarne un documento sonoro da proporre al
pubblico amico. Detto fatto. In pochi giorni il materiale era stato
scelto, lucidato, depositato in Siae ed impacchettato. Pensavamo di
vivere di rendita ancora un po’, ma già dopo otto mesi qualcuno
protestava: “Ma come? Questo cd ce l’ho già! Non ne avete di
nuovi? E i pezzi che avete cantato stasera dove li posso
riascoltare?” Perchè effettivamente il repertorio della Volpe
Rossa si era intanto allargato e allungato e il primo album
conteneva sì e no metà della scaletta. Ok, ma stavolta il nuovo
lavoro doveva nascere in studio, con più attenzione, pulizia e, pur
senza stravolgere e snaturare lo stile live del duo (due voci,
chitarra e percussioni), arricchito ed abbellito con qualche traccia
in più: un coro qua, un’altra chitarra là, un riff, un arpeggio;
e, sia pure con parsimonia e rigore, anche qualche amico ospite a
suonare strumenti fuori dalla nostra portata. Ha cominciato Vito De
Bellis, eccellente banjoista leader del gruppo bluegrass Traine
Mannut, che ha ricamato il suo tintinnante e rotolante cordofono
sul pezzo d’apertura Gipsy
Davey. Curiosa storia: questa ballata racconta la stessa
vicenda, con parole molto simili, di un’altra traccia del cd, The
Raggle Taggle Gipsy, ma vi sfido ad accorgervene da soli, tanto
le musiche sono diverse! La signora del castello riceve in visita
uno zingaro (un menestrello vagabondo), ne viene conquistata e fugge
con lui. Il lord torna a casa, apprende la notizia e insegue la
coppia col suo cavallo più veloce. Raggiunta la moglie le chiede
alterato come abbia potuto pensare di abbandonare la sua terra, la
sua posizione, il legittimo sposo, il figlioletto per quel cialtrone
avventuriero, ma la risposta di lei è lapidaria: meglio l’amore
con lo zingaro sotto il tetto delle stelle che le lenzuola di seta,
il castello, le ricchezze. E’ una ballata antica ma moderna, che
già duecento anni fa affermava il diritto della donna a scegliere
la libertà e la felicità. In Gipsy Davey la conclusione è sottolineata dall’ultima strofa che
ci racconta come il marito se ne faccia una ragione, torni a casa e
di lì a poco si risposi (auguri!).
Erika
Fossati invece ci regala il suo flauto traverso nella dolente e
commovente ballata scozzese che chiude l’album: Will
Ye Go To Flanders?, il racconto di un sopravvissuto alla
sanguinosa battaglia di Fontenoy nelle Fiandre del 1745, quando
l’Europa era dilaniata dalla guerra di successione austriaca.
Erika, artista completa, ha anche fornito il disegno per la
copertina e curato il progetto grafico dell’album.
Umberto
Cariota, che ha inciso tre tracce di basso là dove c’era bisogno
di scandire e sottolineare e dare muscoli e cuore al pezzo, non è
un ospite ma il produttore dell’album, la mente tecnica, il
supervisore, il suggeritore, il mago che impasta la creta dei suoni
per tirarne fuori l’opera finita. Unico e insostituibile.
Gran
parte del repertorio dei Red Fox nasce da una rilettura attenta ed
affettuosa di tre gruppi fondamentali del folk revival inglese
sbocciato negli anni ’70: i Fairport Convention, i Pentangle, gli
Steeleye Span. I primi a cavalcioni fra Inghilterra e America, con
la voce calda e le composizioni di Sandy Danny, scomparsa purtroppo
prematuramente nel 1978 a soli trent’anni. Dal suo repertorio
abbiamo preso Gipsy Davey.
I secondi un quintetto di virtuosi, pronti a mescolare le
tradizionali radici albioniche con profumi di jazz e con la
purissima voce di Jacqui McShee, tuttora leader della formazione,
che omaggiamo con The Cuckoo.
Gli Steeleye Span, gruppo che ama riproporre antiche ballate con un
misto di strumentazione classica ed elettrica per la voce autorevole
e solenne di Maddy Prior, sono presenti sul mio sito con questa scheda
e sull’album con The Twa
Corbies. Sandy, Jacqui e Maddy sono tre delle quattro regine del
folk celtico. La quarta è Donata.
Certo,
l’album nasce da un confronto sereno e paritario fra me e lei (e
Umberto, che però è sempre attento a lasciare i Red Fox autonomi
nelle loro scelte). Ma in realtà l’apporto di Donata è stato
fondamentale. Io non ho orecchio, è triste ammetterlo ma è inutile
girarci intorno: è così. In compenso lei ne ha diciassette, oltre
ad un’esperienza ventennale in questa musica ed ogni sua scelta o
proposta è stata perfetta: dalla timbrica degli strumenti,
all’intonazione delle voci, ai volumi delle tracce, alla metrica
dei versi. “La musica irlandese è scandita... così...: tu hai un
fraseggio più country, sposti l’accento... dovresti invece
sottolineare qui e qui e qui...” “Bravo, così la tua esecuzione
è perfetta! L’attitudine è quella giusta.” “Non è un po’
moscia?” replicava il metallaro che è in me. “Niente affatto!
Dal vivo puoi accentuare e interpretare, fa parte dello spettacolo,
ma sull’album il pezzo dev’essere più contenuto.” “Non mi
piace il suono di questa chitarra! E’ troppo metallico, perde
l’ariosità, la sua naturale vibrazione! Io non ci capisco nulla
di registrazione, Umbi, ma bisogna ammorbidirlo. Si può fare?
Puoi?” Chi segue gli Out Of Range sa che Donata nicchia ed evita
di suonare la chitarra e quando lo fa si scusa (si scusa sempre!)
affermando che non ne è capace. In Free la suona in due pezzi, sono
le ultime due tracce dell’album ed è intorno alla sua Ibanez
arancione che i brani stanno in piedi e acquistano significato e
respiro. In Two Sisters
(unico brano presente anche nel primo album, ma che qui ridisegniamo
con un arrangiamento più ricco) aggiungo un riff suonato sul
bouzouki, mentre in “Flanders”
decidiamo di inserire il dulcimer nell’ultima strofa; però non
riesco a trovare quattro note che si adattino all’armonia della
ballata. E’ Donata che mi dice: “Accordalo così... un Sol
diesis... un altro, questa corda in Re bemolle. Ecco, prova
adesso.” Il risultato lo potete ascoltare da soli. “Il bodhràn
è troppo cupo, bisogna schiarirlo. Che dici? Va meglio? Mettiamo
l’ovetto qui? – (si parla di uno shaker, una sabbiosa piccola
percussione) – Non mi piace l’attacco della mia voce. La devo
rifare.” Sia Umberto (che ha un signor orecchio) che il menomato
sottoscritto non trovano nulla da ridire sul suo attacco (e sulla
sua voce in generale), ma concordiamo che ognuno di noi deve restare
soddisfatto dal risultato finale, perchè una volta stampato il
disco resterà così secula seculorum ed è stupido risparmiare
un’ora di lavoro per restare col prurito ogni volta che
riascolteremo quel passaggio. Quell’attacco verrà riregistrato.
Vogliamo presentare l’album il 3 maggio, in occasione della nostra
esibizione alla GAM, la Galleria d’Arte Moderna di Torino che
ospita una cerimonia di premiazione dell’associazione Arte Città
Amica, con cui collaboriamo periodicamente. Il tempo perciò stringe
e gli ultimi ritocchi, o meglio la decisione se effettuare gli
ultimi ritocchi, ci trova un po’ esausti, desiderosi di concludere
ma ansiosi di fare un buon lavoro. Ultime registrazioni. Master
finale. Pratiche Siae. Copertine. Copie. Confezione. Uff, puff. Ci
siamo. Il sogno è diventato realtà. Esce il secondo album dei Red
Fox: Free. In copertina
il musetto della volpe seminascosta nella brughiera. Libera di
correre, di vivere, di cantare, di amare. Libera di sognare.
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