1989: Maurizio apre "Doc Valery"

 

 

2011: dopo anni e anni finalmente Mau vuole cimentarsi con le 6 corde. Al primo approccio è perplesso: che cos'è 'sta roba?

 

 

Ma da dove arriva questa Blue Guitar? E quante storie e aneddoti ha da raccontarci Maurizio sui suoi miti: Springsteen, Rolling Stones, Dylan, Creedence Clearwater Revival, Pink Floyd, Marc Bolan... e tutti gli altri!? Continua alla prossima puntata!

 

 

THE PUSHER

 

A Maurizio basta un’occhiata.

“Ciao Franco. Che brutta faccia. Cosa ti dò stavolta?”

Recupero faticosamente la mano destra che, dopo una permanenza di qualche secondo nella sua zampa d’orso, sembra una frittatina alle cipolle e borbotto:

“Ciau Mau. Ho bisogno di qualcosa di forte. Vorrei un suono da porco sudato.”

Maurizio sogghigna alla sua battuta preferita. Il copyright è di Frank Zappa che descriveva così il suono grosso e pieno della Gibson Les Paul, ma ormai è diventato il nostro tormentone. Ed è il segnale per scegliere la mia dose sfrucugliando fra chitarristi tosti, grintosi, carichi; sotto quell’etichetta possiamo trovare Gary Moore o Michael Schenker o Ronnie Montrose o Popa Chubby o Billy Gibbons o Stevie Ray o Gary Rossington o Frank Marino o Neal Schon o Rick Derringer e qualche volta Steve Lukather, Alvin Lee, Jeff Beck. A meno che Maurizio non s’interrompa di colpo, stringa le labbra, alzi un indice delle dimensioni di un candelotto di dinamite per pretendere attenzione e poi cavi dal suo cappello a cilindro qualche proposta sconosciuta, qualche novità, qualche nome mai sentito prima, qualche impensabile bomba che lui, con il suo naso… pardon, orecchio da can da trifole ha scovato in qualche catalogo inglese, americano, tedesco o russo (sì, possiedo anche una straordinaria compilation di chitarristi sovietici. Non vi faccio i nomi non per egoismo o gelosia ma perché l’album è d’importazione e le note di copertina sono in cirillico).

Siamo a Torino, in via Nicola Fabrizi. Sulla porta c’è scritto “Doc Valery” e Maurizio è noto in rete come “Quello dei Dischi”. Il nome del negozio… (che parola squallida! credo che “tempio” o “santuario” sarebbero più adeguate, ma so che Maurizio non vuole tirarsela e quindi lasciamola) è una dedica a suo padre che lui sin da piccolo chiamava solo Doc. Responsabile della sua esistenza terrena ed anche del suo percorso spirituale poiché è da lui che il nostro eroe apprende l’amore per le sette note, il vibrare di una chitarra ed il pulsare torrido degli amanti basso-batteria. La storia dice che tutto cominciò laggiù nel Far West, più esattamente con un film del 1973 di Sam Peckinpah: “Pat Garrett e Billy the Kid”, interpreti James Coburn, Kris Kristofferson e un certo Bob Dylan, che il regista non conosceva neppure prima di allora. ”Quella sera ci trovammo tutti a casa di Sam, a bere tequila e a chiacchierare e a un certo punto Sam disse: Ok, ragazzo, fammi vedere cosa sai fare. Hai portato la chitarra? Si ritirarono in una stanzetta… Bobby suonò tre o quattro canzoni, dopodichè Sam uscì dalla stanza asciugandosi gli occhi con un fazzoletto e dicendo: Che io sia dannato! Chi diavolo è questo ragazzo? Prendiamolo con noi, subito! Era davvero commosso.” (J. Coburn)

Così il Sol/Re/La minore - Sol/Re/Do di Knockin’ On Heaven’s Door fecero scoprire a un giovanissimo Maurizio come e quanto la musica potesse emozionare e trascinare e coinvolgere. Circa dieci anni dopo Doc e Mau sono a Verona per il primo concerto italiano di Dylan (se non si vuole tener conto della impercettibile esibizione al Folkstudio di Roma il 5 gennaio 1963 di un Dylan ancora sconosciuto) in quell’occasione accoppiato a un altro big come Santana. Maurizio ammette di aver subìto rabbiosamente la decisione di Doc di venir via prima della fine del concerto per recuperare per tempo l’auto sotto una pioggia fastidiosa e continua, e proprio mentre Santana intonava Samba Pa Ti davanti a un pubblico che per ascoltarlo dimenticava di aprire gli ombrelli. Ebbene, in quell’istante, dilaniato fra il piacere ed il dovere, fra il sogno e la realtà, giurò che mai più avrebbe sacrificato la Musica, a nulla e per nessun motivo. E noi sappiamo che mantenne il giuramento.

Nel 1989 aprì “Doc Valery”, che ancor oggi è un punto di riferimento per chi ha due orecchie ai lati della testa. Santana (segno zodiacale Cancro, come me e come Mau) ama dire: “Il pubblico sono i fiori, la musica è l’acqua, il musicista è l’innaffiatoio” cioè è colui che trasmette emozioni, gioia, vitalità. Ma forse Carlos non aveva pensato che non è indispensabile essere musicisti per assolvere questo compito. A volte basta essere “Quello dei Dischi”.

 

1/05/2011

 

 

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