THE
PUSHER
A
Maurizio basta un’occhiata.
“Ciao
Franco. Che brutta faccia. Cosa ti dò stavolta?”
Recupero
faticosamente la mano destra che, dopo una permanenza di qualche
secondo nella sua zampa d’orso, sembra una frittatina alle cipolle
e borbotto:
“Ciau
Mau. Ho bisogno di qualcosa di forte. Vorrei un suono da porco
sudato.”
Maurizio
sogghigna alla sua battuta preferita. Il copyright è di Frank Zappa
che descriveva così il suono grosso e pieno della Gibson Les Paul,
ma ormai è diventato il nostro tormentone. Ed è il segnale per
scegliere la mia dose sfrucugliando fra chitarristi tosti, grintosi,
carichi; sotto quell’etichetta possiamo trovare Gary Moore o
Michael Schenker o Ronnie Montrose o Popa Chubby o Billy Gibbons o
Stevie Ray o Gary Rossington o Frank Marino o Neal Schon o Rick
Derringer e qualche volta Steve Lukather, Alvin Lee, Jeff Beck. A
meno che Maurizio non s’interrompa di colpo, stringa le labbra,
alzi un indice delle dimensioni di un candelotto di dinamite per
pretendere attenzione e poi cavi dal suo cappello a cilindro qualche
proposta sconosciuta, qualche novità, qualche nome mai sentito
prima, qualche impensabile bomba che lui, con il suo naso… pardon,
orecchio da can da trifole ha scovato in qualche catalogo inglese,
americano, tedesco o russo (sì, possiedo anche una straordinaria
compilation di chitarristi sovietici. Non vi faccio i nomi non per
egoismo o gelosia ma perché l’album è d’importazione e le note
di copertina sono in cirillico).
Siamo
a Torino, in via Nicola Fabrizi. Sulla porta c’è scritto “Doc
Valery” e Maurizio è noto in rete come “Quello dei Dischi”.
Il nome del negozio… (che parola squallida! credo che “tempio”
o “santuario” sarebbero più adeguate, ma so che Maurizio non
vuole tirarsela e quindi lasciamola) è una dedica a suo padre che
lui sin da piccolo chiamava solo Doc. Responsabile della sua
esistenza terrena ed anche del suo percorso spirituale poiché è da
lui che il nostro eroe apprende l’amore per le sette note, il
vibrare di una chitarra ed il pulsare torrido degli amanti
basso-batteria. La storia dice che tutto cominciò laggiù nel Far
West, più esattamente con un film del 1973 di Sam Peckinpah: “Pat
Garrett e Billy the Kid”, interpreti James Coburn, Kris
Kristofferson e un certo Bob Dylan, che il regista non conosceva
neppure prima di allora. ”Quella sera ci trovammo tutti a casa di
Sam, a bere tequila e a chiacchierare e a un certo punto Sam disse: Ok,
ragazzo, fammi vedere cosa sai fare. Hai portato la chitarra? Si
ritirarono in una stanzetta… Bobby suonò tre o quattro canzoni,
dopodichè Sam uscì dalla stanza asciugandosi gli occhi con un
fazzoletto e dicendo: Che io
sia dannato! Chi diavolo è questo ragazzo? Prendiamolo con noi,
subito! Era davvero commosso.” (J. Coburn)
Così
il Sol/Re/La minore - Sol/Re/Do di Knockin’ On Heaven’s Door
fecero scoprire a un giovanissimo Maurizio come e quanto la musica
potesse emozionare e trascinare e coinvolgere. Circa dieci anni dopo
Doc e Mau sono a Verona per il primo concerto italiano di Dylan (se
non si vuole tener conto della impercettibile esibizione al
Folkstudio di Roma il 5 gennaio 1963 di un Dylan ancora sconosciuto)
in quell’occasione accoppiato a un altro big come Santana.
Maurizio ammette di aver subìto rabbiosamente la decisione di Doc
di venir via prima della fine del concerto per recuperare per tempo
l’auto sotto una pioggia fastidiosa e continua, e proprio mentre
Santana intonava Samba Pa Ti davanti a un pubblico che per
ascoltarlo dimenticava di aprire gli ombrelli. Ebbene, in quell’istante,
dilaniato fra il piacere ed il dovere, fra il sogno e la realtà,
giurò che mai più avrebbe sacrificato la Musica, a nulla e per
nessun motivo. E noi sappiamo che mantenne il giuramento.
Nel
1989 aprì “Doc Valery”, che ancor oggi è un punto di
riferimento per chi ha due orecchie ai lati della testa. Santana
(segno zodiacale Cancro, come me e come Mau) ama dire: “Il
pubblico sono i fiori, la musica è l’acqua, il musicista è l’innaffiatoio”
cioè è colui che trasmette emozioni, gioia, vitalità. Ma forse
Carlos non aveva pensato che non è indispensabile essere musicisti
per assolvere questo compito. A volte basta essere “Quello dei
Dischi”.
1/05/2011
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