UOMINI
CHE MOLESTANO LE DONNE
Spero
di esporre la mia tesi senza essere frainteso e senza offendere
nessuno/a, ma non è detto.
In un vecchio Carosello Walter Chiari, dopo aver gettato
un’occhiata fuori dalla finestra, interrompeva una tirata retorica
e pomposa esclamando: “Con Omsa, che gambe!” e scavalcava il
davanzale per raggiungere (e presumibilmente tacchinare) la
signorina che con le sue estremità inferiori fasciate nel nylon
aveva scatenato il suo entusiasmo.
Pochi
anni dopo, nel percorso per andare a scuola, notavo spesso un
manifesto della Jaguar E in cui erano raffigurati la prestigiosa
vettura, l’uomo indeciso sull’acquisto (costava un frego di
soldi!), una voluttuosa fanciulla poco più in là e il messaggio
pubblicitario: “Noi non promettiamo niente, ma forse, con
questa... ci sta!” Il messaggio era evidente: si compra una
vettura non tanto per il piacere di guidarla, ma per caricare la
femmina; la quale, come è noto, concede i suoi favori a chi può
sfoggiare lo status symbol più eclatante.
Non
serve continuare, vero? Sto parlando dell’immagine della donna,
della percezione della donna, del ruolo della donna così come ci è
stato suggerito, o meglio inculcato, fino a pochi anni fa.
Con
buona pace delle suggestive e rispettabili teorie che parlano di un
lontano passato matriarcale, di fatto la storia della civiltà (?)
umana coincide con una cultura indiscutibilmente maschilista. Ed io
arrischierei una spiegazione serenamente naturale. A noi maschi è
stato attribuito il compito di fecondare, di garantire
massicciamente la continuazione della specie. Io amo definirci
“portatori sani di eternità” e obbediamo a questo impulso con
entusiasmo, energia e pochi scrupoli, difendendo
con ogni mezzo il nostro piacere e il nostro potere.
Solo
ieri pomeriggio l’uomo delle caverne si procurava la femmina anche
con la forza, randellandola e poi trascinandosela nella caverna (ed
è per questo che noi maschi preferiamo le donne con i capelli
lunghi: sono più facili da afferrare). A cena abbiamo inventato il
Ratto delle Sabine, abbiamo illuminato la notte con i roghi delle
streghe; fino a due ore fa i nostri più autorevoli esponenti
negavano alle donne di avere un’anima, impedivano loro di vestire
abiti maschili, di studiare, di diventare medico o artista; dieci
minuti fa le donne non avevano ancora diritto di voto né di
sacerdozio e ancora in questo istante la maggioranza di loro deve
vestire, comportarsi, apparire, lavorare, guadagnare come ha deciso
il patriarcato dominante.
Lasciamo
perdere le culture (?!) confessionali o tribali in cui la donna è
comprata, venduta, mutilata, vessata, segregata. Limitiamoci
all’evoluto Occidente: che immagine ci vende della donna? Che
ruolo le assegna (nei fatti, non solo a parole)? Che senso hanno i
tacchi a spillo, scomodi e assurdi (ci avete mai visto un maschio su
quei trampoli?) ma che forniscono l’andatura oscillante e il
movimento dei glutei per noi stimolante? E le riviste
“femminili” (orrida categoria, che presuppone che all’essere
umano femmina interessi prevalentemente come trasformare il suo
aspetto esteriore per renderlo gradito al maschio), le sfilate di
seminude candidate a Miss Qualchecosa, il suo utilizzo nella
pubblicità, nell’editoria, nell’arte?
E arriviamo alle recenti polemiche sulle molestie di cui sono state
oggetto le attrici/modelle che hanno camminato silenziosamente e
riservatamente per alcune ore nelle vie di due grandi capitali. Ma
cosa vi aspettavate? Ma in che realtà vivete? Ma è andata ancor
bene, accidenti, visto che i disturbatori si sono limitati a
sguardi, commenti, apprezzamenti e inviti! Non bastano pochi
granelli appena scivolati nella clessidra della storia per cambiare
l’atteggiamento di noi maschi; non bastano leggi, campagne, studi,
appelli: sono solo fastidiose e sottili mani di vernice spalmate
sopra atteggiamenti e rapporti di forza millenari.
Certo,
dovremo/dovremmo cambiare, ma ci vorrà molto più tempo e più
energia e tenacia. E soprattutto, care amiche, non illudetevi che vi
daremo una grande mano, noi maschietti.
Sotto
sotto, a noi fa più comodo lasciare le cose come stanno. Come sono
sempre state.
(7/11/14)
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