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LEZIONE DI BLUES

 

"Il Blues: la musica del diavolo" - Franco Nervo e i BlueStyle - Alpignano 28/03/08

 

 

“La vita in rosa”, “sono nero”, “sono al verde”. Anche nella nostra lingua i colori sono associati a situazioni e stati d’animo. In inglese “blue” oltre che azzurro vuol dire triste, melanconico. Musicalmente, il blues è il lamento solitario del nero d’America, che fra una lacrima e un sorriso canta il suo girovagare, i suoi amori sfortunati (o anche fortunati e in questo caso usa ardite metafore sessuali), l’essere in bolletta, la fatica di affrontare una vita non certo facile in un mondo dove non è più schiavo ma ancora povero e emarginato.

A differenza degli spirituals e dei gospel, che sono canti corali ad argomento religioso, interpretati in modo semplice e accorato dalla comunità nera che del Vecchio Testamento ha colto e si ritrova nella schiavitù di Israele in Egitto e sogna ingenuamente l’arrivo di un Mosè o un Giosuè che giunga a riscattarla e la guidi verso la libertà, il blues è canto individualista e profano, spontaneo e non indotto, canto del sarcasmo e dell’amarezza, pieno di doppi sensi, sottintesi e ammiccamenti gergali.

Armonicamente presenta di solito una struttura semplice, che ruota intorno a tre soli accordi. Il testo è composto da tre versi, il secondo in genere ripete il primo, rafforzandone il concetto, e poi si conclude nel terzo.

Ogni giorno, ogni giorno sono giù

Ogni giorno, ogni giorno sono giù

quando mi vedi preoccupato, donna, è perché detesto l’idea di perderti.

 Nessuno mi ama, nessuno si cura di me

Già, nessuno mi ama, nessuno si cura di me

se si parla di guai e preoccupazioni, cara, lo sai, io ne ho la mia buona parte.

[Every Day I Have The Blues (Memphis Slim)]

 

Il padre del blues moderno è Robert Johnson, che nella sua pur breve vita (muore nel 1938 a ventisette anni avvelenato da un’amante gelosa, o forse dal marito geloso di una sua amante) ci lascia una trentina di canzoni, incise in un paio di giorni in una stanza d’albergo e che stimoleranno artisti come i Rolling Stones, i Cream, i Blues Brothers. La leggenda narra del suo incontro col diavolo al crocevia (crossroads, titolo di una sua famosa canzone) dove baratta l’anima col talento di bluesman.

Muddy Waters (“acque fangose”, soprannome dato al ragazzino che sguazzava felice nel Mississippi) trasferisce il blues a Chicago, la “città ventosa”, dove lo fa diventare elettrico e potente diventando il punto di riferimento e il patriarca dei tanti musicisti che accoglie nella sua band.

Al suo fianco il grande Willie Dixon, contrabbassista e compositore, orgoglioso del proprio ruolo (“io sono il blues!”), ironico e beffardo.

 La zingara disse a mia madre - prima che nascessi

“Ti arriverà un figlio - e sarà una bomba

avrà tutte le più belle ragazze - le farà impazzire!”

Perciò il mondo deve sapere cosa lo aspetta

Sono arrivato! Tutti sappiano che sono arrivato.

Io sono Hoochie Coochie Man: tutti sappiano che sono qui!

[Hoochie Coochie Man (Willie Dixon)]

  

A B.B.King e alla sua Lucille (l’amata chitarra che salvò da un incendio a rischio della vita), grande strumentista e cantante onorato ancor oggi, toccò spezzare le barriere che nelle classifiche americane tenevano separati i successi destinati ai bianchi dalle “race records”, le “incisioni razziali”, riservate rigorosamente al popolo nero. Il grimaldello fu la lirica e emozionante The Thrill Is Gone.

 Il brivido se n’è andato - il brivido se n’è andato via

Lo sai che mi hai fatto male - e un giorno lo rimpiangerai

Il brivido se n’è andato - sono libero dal tuo incantesimo

sono libero adesso - libero dal tuo incantesimo

e adesso che tutto è finito - tutto ciò che posso fare è volere te.

 [The Thrill Is Gone  (Brown/Henderson)]

 

Fu l’Europa, dove i problemi razziali non erano di casa come negli USA, a riscoprire e innamorarsi senza pregiudizi negli anni ’60 della musica nera e a diffonderla grazie all’appassionato lavoro di musicisti bianchi con l’anima blue, come John Mayall e Eric Clapton, rilanciandola oltre l’Atlantico dove finalmente avrà l’attenzione e il rispetto dovuto. E il grande Jimi Hendrix lo consacrerà cantando la Casa Rossa.

C’è una casa lassù, dove sta la mia ragazza

C’è una casa lassù, baby, dove sta la mia ragazza

Manco da casa sua - da novantanove giorni e mezzo.

 Aspetta un minuto, qualcosa non va: la chiave non apre la porta

Aspetta un minuto, qualcosa non va, baby: questa chiave non apre la porta

Ho il brutto presentimento che la mia bimba non abiti più qui.

 Mi sa che dovrò tornare indietro, indietro attraverso le colline

Mi sa che dovrò tornare indietro, indietro attraverso le colline (da dove sono venuto)

Perché se la mia bimba non mi ama più - so che sua sorella lo farà!

 [Red House (Jimi Hendrix)]

 

Ho raccontato questi ed altri aneddoti sulla storia e l’evoluzione del blues nell’ampia e confortevole sala museale del Cruto, venerdì scorso, affollata da amici e intenditori mischiando Parole e Musica in un crescendo che ha visto prima me in un paio di solitari pezzi, poi l’arrivo di Andrea e della sua seicorde, poi il supporto del basso e della voce nera di Marcello e infine i BlueStyle in tutto il loro splendore. Bella serata, con un pubblico attento e partecipe. Ma che aggiungere altro? Bravi amici hanno registrato e filmato e immortalato ogni cosa. Quella serata è ormai Storia!

 

 

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