DAL ROSA ALL'ARANCIO
Concerto Orange Floyd a Torino, Parco Ruffini - 29/09/07
Le regole non scritte dicono che i musicisti,
per amicizia e solidarietà, si vanno ad applaudire a vicenda. Se poi, così
facendo, assistono anche ad un bel concerto, di alta caratura tecnica e di
sanguigna passione, l'occasione si trasforma in una grande serata.
Gli Orange Floyd nascono, in questa formazione,
un anno fa, avendo come stella polare i lunghi e sinuosi percorsi sonori di
Barrett, Waters, Gilmour (mio coetaneo, ricordate?), Mason e Wright, i
Fenicotteri Rosa che quarant'anni fa scrissero la bibbia del progressive
inglese, incisero le tavole della legge psichedelica, sbirciarono dietro il
Lato Oscuro della Luna, abbatterono il Muro dei primati di vendite,
bisbigliarono nelle nostre orecchie le follie di Syd prima e gli incubi di
Roger dopo.
Il repertorio degli Orange pesca a piene mani
fra i classici dei Pink Floyd di ogni periodo, non disdegnando le novità
solistiche di David, riproducendoli con attenzione maniacale, certosina cura
per i dettagli, accurata ricerca sonora. Il fulcro e factotum di tutto il
progetto (e non troverete chi osi affermare il contrario, né in questo
emisfero e neppure nell'altro...) è Pino, chitarrista e cantante e leader
per acclamazione, la cui voce alta e appassionata e la cui chitarra
torrenziale e insopprimibile caratterizzano il suono del gruppo. Al mio
orecchio certi pezzi suonano persino più intriganti, poiché le idee
originali sono eseguite con una grinta e un tiro anche più tosto: come a
dire, la lezione di David Gilmour e la corposità di Stevie Ray Vaughan.
Luigi è notoriamente un eclettico
polistrumentista che, come sappiamo, passa con disinvoltura dalla chitarra
al basso al violoncello ai cucchiai... ma con gli Orange ricopre il ruolo di
batterista terremotico e di incorruttibile uomo d'ordine, che con le sue
autorevoli rullate tiene rigorosamente in quadro tutti i pezzi. Il suo
rullante riverberato, i suoi schioccanti schiaffi sui piatti, le sue
cavalcate sui tom sono lo scheletro, l'impalcatura, la base su cui tutto si
muove e vola.
Notevole l'apporto di Mario Luca, il
tastierista da poco cooptato nel gruppo, provvisto, oltre che di sapienti ed
agili dita (ascoltate il suo fluido assolo in Money), di una
voce fumosa e maschia che ben si mischia a quella limpida di Pino nei cori,
nei controcanti ed anche in qualche parte solista, come in Hey You.
Il maestro di cerimonie è Luciano, secondo
chitarrista, diviso fra la Stratocaster nera e la Yamaha acustica su cui
sgrana i suoi sagaci accordi di sostegno ad ogni pezzo, a cui il leader
concede anche il diritto ad un assolo, pulito ed efficace, in The Wall.
Paolo è il bassista, disciplinato e attento ed
elegante nel suo completo scuro, mentre in alcuni pezzi è ospite la corista
Francesca, che veste di lunari vocalizzi Astronomy Dominè.
L'organico, come vedete, è un po' più ampio
della formazione a quattro dei Pink Floyd originali, ma è necessario per
poter proporre dal vivo ciò che i Maestri realizzavano con ore di
sovraincisioni in studio.
Pino sfodera in ogni pezzo la sua abilità di
chitarrista a tutto tondo, chitarrista moderno che alterna accordi e bicordi
e svisi e assoli e slide e colpisce con il suo continuo smanacciare i
comandi della Strato color panna (... indovinate di che colore era quella di
Gilmour avente numero di serie 1... ?) e il suo continuo spiedacciare i
tanti effetti a pedale alla ricerca di minimi aggiustamenti timbrici, alla
caccia del Suono.
Il pubblico è numeroso e caldo, gli applausi
fioccano convinti. Un cuoco bonario e baffuto, con cappello d'ordinanza,
arriverà sotto al palco a incitare musicisti e astanti. Il sottoscritto
scatta le foto che vedete in questa pagina, mentre qualcun altro immortala
filmicamente il gruppo, soffermandosi con uguale buon gusto sulle dita di
Pino e sull'ombelico di Francesca.
Nonostante l'ora tarda, ai fans è concesso un
bis, straripante degli assoli di un Pino in grazia di dio e irrefrenabile.
Dopo di che fioccano le pacche sulle spalle e i complimenti degli amici per
un'esibizione superba e catartica. Luigi sa che, in privato, la nostra
amicizia e la nostra comune ironia mi autorizzerà a sfotterlo in ogni modo,
a trovargli cento improbabili difetti, a dissacrare i suoi Padri
Fenicotteri, il cui lento volo mi trova spesso un po' impaziente, a
sventolare strafottente la bandiera del mio blues. Ma queste sono scene che
gireremo in privato, dietro le quinte e solo per i soci del nostro club.
Qui, davanti al mondo, affermo sincero e convinto, che è stato un grande
concerto.
I Pink Floyd si sono sciolti? Non disperate: da
oggi ci sono gli Orange Floyd!
The Orange Floyd
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