PALLE OVALI
Italia-Argentina - Torino 15/11/08
La
mia assicurazione non è la Reale Mutua e di sicuro non lo diventerà. La
sia pur storica e blasonata compagnia subalpina è colpevole, ai miei
occhi, di aver omaggiato i ventimila spettatori del match rugbistico
Italia-Argentina di un paio di mazze di plastica gonfiabili, da usare come
sonore percussioni durante la partita. Avete presente cosa possono
significare quarantamila aggeggi di quel genere battuti ritmicamente
insieme? Se sono ben tese e turgide emettono un suono secco e legnoso, che
trapana le orecchie. Se il gonfiatore ha voluto risparmiarsi i polmoni, il
suono è sempre potente, ma più cupo e rimbombante. La sovrapposizione
dei due timbri produce un frastuono tale da uccidere i gabbiani in volo,
far cagliare il latte alle mucche prima di mungerlo e far impazzire il
sottoscritto.
Già,
perché oggi sono entrato per la prima volta in uno stadio sportivo, lo
Stadio Olimpico di Torino, ex Comunale, (e, per completezza storica, ex
Stadio Mussolini: sic transit gloria mundi…) per assistere alla mia
prima partita di rugby dal vivo. Ammetto che non me la sono goduta e la
causa principale la imputo al fracasso di cui sopra. In seconda battuta
devo riconoscere di essermi sopravvalutato: digiuno come sono delle regole
fondamentali del nobile gioco, essendomici avvicinato solo in tempi
recenti, già assistendo alle dirette televisive della benemerita LA7 (le
altre reti nazionali snobbano questa disciplina sportiva, tutte prese a
spettegolare e spigolare sull’unghia incarnata dell’ultimo dio del
pallone rotondo) facevo un’enorme fatica a capire perché ogni tanto
l’arbitro fischiava e assegnava un calcio libero alla squadra
avversaria. Vedendo Andrea Lo Cicero travolgere con la sua possente massa
un muro di piloni antagonisti, o Mauro Bergamasco avvinghiare un
avversario, sollevarlo e scaraventarlo a terra provocando, oltre a un
leggero movimento tellurico, un cratere di medie proporzioni senza
suscitare neppure un’alzata di sopracciglio del direttore di gara, mi
riusciva difficile concepire che i nostri potessero aver commesso qualcosa
di peggio, tale da giustificare quella demoralizzante punizione da tre
punti che i cecchini avversari trasformavano con irritante puntualità.
Oggi ho scoperto che dalle file più alte delle gradinate di uno stadio
non solo non “capisci”, ma neppure ti “accorgi” che stia
succedendo qualcosa. E assistere da lassù a ripetute interruzioni del
gioco con il capitano argentino Contepomi che ti spara la palla ovale fra
i pali, così, senza un minimo preavviso, ti fa un po’ girare i
cosiddetti. Abbiamo perso, come avrete capito, e poiché abbiamo segnato
una meta per uno (quelle almeno si vedono, si soffrono, si tifano e si
capiscono), dal mio punto di vista abbiamo perso senza capirne il perché.
Peccato,
perché il giorno prima Isabella ed io eravamo andati a salutare Andrea al
suo albergo, quali rappresentanti del Nord Ovest del “Lo Cicero
Forum”; anzi, essendo lei la più giovane ed io il più vecchio del
forum, idealmente fra noi due c’erano anche tutti gli altri affezionati
sostenitori del nostro n° 1. Andrea non è soprannominato il Barone per
caso. E’ un compito gentiluomo, un grande atleta, una persona amabile e
generosa, e davvero avrei sperato, più per lui e gli altri ragazzi della
nazionale che per noi, che la trasferta torinese portasse più fortuna.
Peccato.
Abbiamo perso, ma come la “nostra” nobile tradizione impone, non ne
facciamo una tragedia e applaudiamo l’avversario perché è stato
migliore di noi.
Però…
saranno anche ovali, ma mi girano!
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