SOGNI
LIQUIDI
Concerto
(e compleanno) Dino Pelissero Trio – La Petanque – Torino,
30/01/2013
Dunque,
vediamo. La Mole. Il cioccolato. Il Museo Egizio. Il vermut. La F…
no, diciamo meglio: il Museo dell’Automobile. E Dino.
Che
Dino Pelissero, la sua musica, il suo impegno culturale, artistico,
sociale, siano un’istituzione a Torino e dintorni lo si poteva
capire anche solo dai musicisti e amici presenti ieri sera al suo
concerto con Jino Touche ad un imponente e sonoro contrabbasso,
Nunzio Barbieri ad una sorprendente e duttile synth-guitar (un
coltellino svizzero, la definirebbe qualcuno), ospite un intenso
Andrea Ginestri alle tastiere. Già solo dal mio angoletto
nell’affollata sala musicale potevo individuare rappresentanti dei
Malartàn, BlueStyle, Out Of Range, Bottega Faber, Chordaria, Red
Fox, Singin’ Torino, An Tarbh Rua (la cui cornamusa scozzese ha
intonato possente un “Tanti auguri a te!” che avrà risuonato
fino a Chivasso), Coro Largabanda, Traine Mannut, Onde Medie, East 2
West, Over The Strings, Black Shoes… e l’elenco è ancora lungo,
per non parlare di pittrici, ballerine, scrittori, artisti vari.
Già
nel secolo scorso lo scintillante flauto di Dino si è incrociato un
paio di volte con le fumanti chitarre dei BlueStyle; di ciò lo
Storico, il Narratore, ha lasciato debita traccia nella poderosa
saga Il Blues & il Graal,
opera dedicata a tutti i musicisti che “per anni o per una sola
sera, hanno condiviso l’avventura dei BlueStyle”. E’ quindi
con affetto e riconoscenza che finalmente posso consegnare a Dino
una copia del prezioso reperto. (prezioso perché raro, perché lo
cerchereste invano nelle migliori librerie; e anche nelle altre.)
La
musica di Dino e del suo Trio è onirica, ipnotica, liquida. Jazz? Sì,
certo. Tribale? Anche. Sperimentale? Senza dubbio. C’è spazio per
classici rivisitati? Eccome! I brani sono lunghi, si snodano come
serpenti, crepitano come pioggia. La chitarra tuttofare di Nunzio
passa con disinvoltura dai pick up tradizionali all’esafonico
(tradotto: da sonorità prettamente chitarristiche a syntetiche)
svolgendo anche un ruolo percussivo, ritmico. Dino alterna il
traverso ai tin whistle, a suoni campionati, alla sanza (strumento
africano chiamato anche “piano a pollice”), gestendo echi,
armonizzazioni, effetti elettronici. Il risultato è un fiume di
note che ti acchiappa, solleva, dondola, accompagna. Un locale
incastrato in un vecchio e popolato quartiere torinese non può
permettersi di sforare con gli orari e i “rumori”, ma c’è
spazio per un bis per onorare la presenza e la squisita voce di
Sabrina Pallini.
Poi,
sull’eco dell’ultimo affettuoso applauso, Dino presenta e
ringrazia il gruppo e saluta. L’ultima sbirciata ce lo consegna
mentre barcolla verso l’uscita sotto il peso dei regali ricevuti.
La notte torinese smorza le ultime stelle di gennaio sentendosi un
po’ più ricca e commossa.
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