Pianoforte
Dignitoso,
pareva mi dicesse:
“Non
ti montar la testa, chitarrista:
altra tastiera, meno ardua pista
cerchin
tue dita: qui non sono ammesse!"
Ma
io, timidamente, le appoggiai
su
quelle dolci leve bianche e nere,
un'ultima
sorsata dal bicchiere
e
poche lievi note ne cavai.
E
un lento blues nel fumo si distese
e
chiacchiere e risate da salotto
s'infransero
e cessarono di botto
ed
un silenzio attento mi sorprese.
Poi, ritrassi le mani, lentamente
e
percepii un bisbiglio: "Sufficiente".
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Nonostante
questo mio nuovo percorso, non riuscii mai a considerarmi un
poeta. Il mio Autoritratto (in musica)
dell'epoca suonava infatti così (carine le rime a
rincorrersi: ABC ABC DEF DEF):
Non
son Dio, non son poeta
e
non creo proprio niente
sono
un chimico fallito
e
manipolo la creta
delle
frasi della gente
dei
concetti che ho sentito.
Ma
non sono certo un ladro
l'onestà
è la mia bandiera
e
d'altronde, dico io
la
canzone è come un quadro
che
ritrae una cosa vera
ma
il pennello e il cuore è mio.
|
Anni
dopo, ricoverato in ospedale per un significativo intervento,
sfruttai al meglio la degenza appuntando su un bloc-notes
qualche verso su quella esperienza. Questi, ad esempio, sono i
miei pensieri mentre aspettavo che si decidesse il mio fato.
Attesa
Attimi
spessi
a
quattro dimensioni
Rallenty
Fermo
immagine
Stop
motion
Le
briglie tese allo spasimo
per
frenare i pensieri nel presente
per
lasciare il futuro al futuro.
Gocce
di pece
che
cadono lentissimissimamente.
Un
mondo sommerso
in
apnea
mentre
il tuo cuore ticchetta frenetico
e
cerca di portarti là
là
dove non sei ancora
dove
sarai
dopo.
Poi,
quattro colpi
bang
bang bang bang
e
l’orologio sul muro
ha
ripreso il passo col tuo cuore.
L’attesa
è terminata |
Come
vedete nel frattempo mi ero anche cimentato con versi più
sciolti, asimmetrici e meno strutturati, anche se rima e
metrica restavano e restano il mio strumento ed obiettivo
principale, con il loro ritmo costante, le loro assonanze
pregustabili, la loro capacità di parlare al bimbo che è in
noi e che si sente rassicurato e gratificato da un andamento
ipnotico, cantilenante e prevedibile.
E'
più forte di me: complice probabilmente la mia abitudine e
propensione alla canzonetta, senza una struttura riconoscibile
i versi non mi suonano come una poesia, mi sembrano appunti
scarabocchiati distrattamente sul retro del conto della
pizzeria. E calvinisticamente (l'esaltazione del lavorare in
modo duro e diligente) finisco per trovarlo troppo facile, non
mi sembrano sudati, pensati, inseguiti, limati, corretti e
collocati in uno schema disciplinato e formale. Per raccontare
un'intera storia in endecasillabi o ottonari, per inserire un
sinonimo di "preterintenzionale" in uno spazio di
sole due sillabe, per trovare la rima di "clessidra"
ti devi sforzare, devi provare e riprovare e magari rinunciare
alla prima ispirazione e ricominciare da capo. Insomma, mi è
sempre sembrato che un modesto artigiano di parole (come me)
se non poteva vantare un risultato aulico almeno doveva poter
segnare a suo favore lo sforzo e l'impegno e il non aver
cercato scorciatoie. |
Certo,
il rischio è che il risultato finale sembri preso pari pari dal
"Corriere dei Piccoli", una filastrocca per bambini
edulcorata e innocua, oppure suoni come le vecchie pubblicità di
Carosello (che pure portavano la firma di Guccini: "Son
Salomone – il pirata pacioccone…"). Ma nemmeno questa
preoccupante prospettiva mi fa cambiare idea. L'alternativa, secondo
me ben più pericolosa, è di finire per apparire troppo seriosi e
arcani e oscuri e magniloquenti e retorici e pieni di sé e delle
proprie immaginifiche visioni e filosofie. L'ultima cosa che sono e
che vorrei essere è un pensoso vate, avvolto in un lungo mantello e
in criptici e intorcinati versi. Preferisco l'accusa di
infantilismo. In fondo non mi sento ancora così adulto.
Bene,
chiarita la mia posizione artistica, da pochi mesi posso comunque
fregiarmi ufficialmente dell'appellativo di "poeta" e ciò
per grave responsabilità delle giurie del
Premio Naz.le Arti Letterarie 2012 e
del Premio Piemonte Poesia 2013
che hanno ritenuto di segnalare e riconoscere come meritevole la mia
poesia Corteo, (la trovate qui). Il primo
risultato pratico, oltre al bottino in pergamene e premi e omaggi,
è che son stato invitato come poeta (e anche cantautore,
riconoscendo benevolmente ad alcune mie canzoni una loro intrinseca
validità letteraria) alla serata Ottovolante ospitata
dalla benemerita associazione Arte Città Amica di Raffaella Spada e
condotta dall'eclettico e multiforme Andrea Bolfi. Bella serata.
Insieme alla solare Cristina, alla dotta Roberta, all'ispirata Paola
e all'empatico Pietro, in una sala accogliente e davanti a amici
pazienti e convinti, abbiamo raccontato storie e aperto finestre su
emozioni e sentimenti. Nel mio set, battezzato "Rime
e Note", lessi per la prima volta in pubblico le mie poesie
alternandole con alcune canzoni, affidando alle amiche Parole il
doppio ruolo che da sempre rivestono. Pare che ci saranno dei
seguiti. E allora vado a rimestare nel baule dei miei pensieri
segreti, delle mie storie e delle mie incertezze per predisporre il
nuovo puzzle poetico. Alla prossima!
Bianconiglio
Dimmi,
perché corri? Dimmi, dove vai?
Forse
c'è qualcosa che io ignoro e che tu sai?
Io
non vedo niente, solo ombre dietro a te:
scappi
per paura, o hai una meta davanti a te?
Ora
vedo meglio quello che hai alle spalle:
un
bimbo che ti assomiglia, qualche livido sulla pelle
le
giuste bastonate per i pigri e gl'insolenti:
che
fatica interpretare i
sogni dei parenti!
Una
gonna corta, una frangia nera
inutile
e nervosa la tua voce
nella sera
forse
è quel che dici, o forse è quel che sei
comunque,
quella notte dormi male e sogni lei.
Ma
chi l'ha mai detto che
bisogna riuscire a scuola?!
Almeno
di quel che impari ti
servisse una cosa sola!
e
rabbia e senso di colpa ti
accompagnano perché
ti
han convinto che il tuo futuro non
riguarda solo te.
D'accordo, non litighiamo; d'accordo, non stai
scappando
ma
allora mi devi dire verso cosa stai correndo.
E'
forse quell'auto rossa, o
quella scrivania?
o
l'ossequio della gente, che io chiamo ipocrisia?
Con
l'auto vai più veloce, ma
non arrivi lo stesso
la
poltrona è più imbottita, ma
sei più stanco adesso
e
hai perso per le scale un
poco di onestà,
quasi
tutte le amicizie, guadagnando
solo complicità.
Lo
so, la colpa non è tua: prima ti hanno spinto
e
poi ti hanno attirato con
un paradiso dipinto
e
intanto stai ansimando e
io non muovo un dito:
io
non sono mai arrivato, io
non sono mai partito.
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