LA SAGA DEL VENERDI'
Pochi di voi lo sanno (il segreto è stato
accuratamente custodito), ma da venti mesi ogni venerdì una combriccola
squinternata si ritrova in un'antica cascina ai confini del mondo per
affrontare con serena incoscienza un'attività che, con una certa prosopopea,
chiamano "musica". Il gruppo, che cambia costantemente composizione, è
formato da musicisti di una qualche esperienza e da dilettanti allo
sbaraglio, nonché da bravi amici il cui scopo principale è quello di bere e
unirsi ai cori. Quando non si suona (e il termine è azzardato) si disserta
da maschi su donne e motori.
Il sottoscritto partecipa con discontinuità e
propone il suo repertorio rock-pop-blues; altri si esprimono meglio su ritmi
santaniani oppure canzoni italiane o azzardi tzigani. Ma è giusto che vi
presenti i personaggi principali.
Ed ecco la cronaca dell'ultima svolta
artistica!
PAPERINO MUSICISTA
“La musica rende gli uomini più colti e
raffinati… placa i cuori selvaggi e porta pace ai nervi stanchi. Nulla può
paragonarsi in bellezza ai dolci concerti di un trio d’archi…”
- (I miei nipotini non cominciano certo dal
punto giusto! Guardali: giocano con i rospi e si arrotolano nel fango come
porci!)”
- In piedi esseri vegetativi! Voglio fare di
voi i maestri della melodia! Venite qui! Dovreste vergognarvi di voi stessi!
Riempitevi la mente dei concerti di Brahams, delle sinfonie di Schubert, e
delle sonate di Sibelius! Da questo istante voi tre monelli diventate il
Trio d’Archi Qui Quo & Qua!
- E’ cos’è…
- … un trio…
- … d’archi?
- Riempirete queste squallide stanze con le
armonie di Haendel… i tonanti crescendo di Paganini!
- Ma cos’è…
- … un trio…
- … d’archi?
- Silenzio e andate a fare il bagno! Quando
torno dalla bottega della musica saprete cos’è un trio d’archi!
Così inizia questo racconto del 1947, ideato
dal genio di Carl Barks. I paperonzoli sono fortemente urtati dall’idea di
abbandonare la caccia alle rane, ma Paperino è irremovibile e li affida alle
cure di un volonteroso insegnante.
- No, no, no, figlio mio! Per la diciannovesima
volta ti ripeto che non devi tenere lo strumento come un martello, ma come
una sega!
- Pizzica quelle corde, Qui! Devi pizzicarle,
non sradicarle dalle fondamenta!
- Quo mio, qualunque corda tu tocchi e dovunque
la tocchi, fa sempre “blon”!
Le mie ferie sarde mi avevano tenuto lontano un
mese dalla fucina sonora di Saverio e stasera quindi è d’obbligo
ripresentare nella vecchia cascina il mio bel visetto abbronzato e la mia
ultima nata, una Gretsch color verde Cadillac, e perciò già soprannominata
Caddy, corredata di vibrato Bigsby, quella specie di arpione da balene,
quella sorta di ponte levatoio pesante e improponibile ma affascinante per
chi, come me, l’ha ammirato per la prima volta al collo di George Harrison o
di Bo Diddley nei primi anni ‘60.
La serata scorre serena e produttiva come al
solito. Sotto lo sguardo paterno e protettivo di Elvis, che troneggia in
silhouette nera su sfondo giallo/arancio da un suggestivo ed evocativo
quadro che Moja ha realizzato e voluto generosamente donare alla nostra
combriccola e soprattutto al nostro anfitrione, verso le 23.30 riusciamo
perfino ad eseguire un pezzo INTERO, dall’inizio alla fine e ci pavoneggiamo
tutti compiaciuti.
E’ a questo punto che Luigi scambia un’occhiata
d’intesa con Bruno, si alza e annuncia una sorpresa. La mia concentrazione
nel suonare è ben nota e quindi gli amici non avevano dovuto prendere
soverchie precauzioni per nascondermi una grossa borsa e due piccoli astucci
appoggiati appena oltre l’uscio. Con un sogghigno Luigi estrae dalla
maggiore un violoncello color tabacco, mentre Bruno e Saverio impugnano due
violini. Eccola la sorpresa: gli irriducibili rockers, dopo un breve periodo
di esperimenti acustici, hanno sterzato verso il mondo classico… classico
come strumenti, perché il repertorio, al momento, è ancora così limitato da
non poter essere etichettato.
“Vedi – spiega sereno Bruno – abbiamo azzerato
la situazione: niente più dicotomie fra esperti e dilettanti, fra fulmini
solisti e vecchie locomotive ritmiche. Con questo trio d’archi si riparte
tutti da zero, alla pari.”
Mentre accordiamo con la dovuta fatica questi
nobili strumenti, produco un giro di accordi sulla chitarra, a cui si
accodano i miei amici con le loro nuove sonorità. Non ha i numeri per
diventare un bestseller, ma quello che ne esce fuori è comunque “qualcosa” e
anche Sergio, il più scettico, quello che si è chiamato fuori da quest’impresa
rifiutandosi di noleggiare un contrabbasso, ammette che sembra musica
celtica.
Luigi approva: “Già: è musica che celte volte
riesce e celte volte no.”
Anch’io voglio provare l’approccio con questi
strumenti, l’equilibrio dell’archetto, le incognite di tastiere nere e
misteriose, senza segnatasti o barrette. E con Saverio alla fisarmonica
viene fuori una vigorosa e ballabile When The Saints Go Marchin’ In.
L’accompagnamento si dipana su tre sole note, ma in effetti sono riuscito a
rintracciarle e grattarle sul violino e condivido la soddisfazione dei miei
soci. Sarà poi il turno di due capolavori beatlesiani, equamente suddivisi
fra i due leaders: Norwegian Wood (di John) e Eleanor Rigby (di Paul).
Non posso prevedere gli sviluppi di questa
svolta così drastica. Forse per il nostro repertorio rock/blues ciò
significherà una battuta d’arresto. Ma ho l’impressione che comunque per un
po’ di tempo canzoni semplici, costruite su due o al massimo tre accordi, la
faranno da padrone. Mentre esco nella notte stellata estiva mi scopro a
fischiettare Il Mondo In Mi Settima.
20/07/07
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