SUONANDO SUL TITANIC
Concerto BlueStyle + East2West - Arcipicchia 24/02/2007
Fuor di metafora, mutatis mutandis, il Titanic
è il simpatico arciclub Arcipicchia in quel di Rivoli e vedremo il perché
dell’accostamento.
La serata, che prevedeva una esibizione
standard dei BlueStyle preceduta da una introduzione straordinaria degli
East2West (che è il nuovissimo nome con cui ho battezzato il trio country
costruito sulla chitarra di Fulvio, il violino di Ezio e me), nasce con
qualche apprensione. Ovvio, direte voi, riferendovi alle mie ben note ansie
da pre-prestazione. In questo caso tuttavia le difficoltà sono reali e non
supposte. Come si sa, delle reali si deve tener conto, mentre le supposte…
Fulvio è spesso a Cosenza per lavoro, Ezio ha turni scomodi e ballerini, per
cui le indispensabili prove del neonato trio avvengono a pezzi e bocconi, a
coppie alternate, ricucite insieme solo al penultimo giorno utile. Anche
Marcello è a Roma, in trasferta operativa e mancherà all’ultima e
all’ultimissima prova, tornando col fiato grosso, stanco e liso. Ma un
Marcello, anche a mezzo servizio, avrà pur sempre energie sufficienti a far
decollare una corazzata. Dario invece ha seri e dolorosi problemi di
famiglia e fino all’ultimo la sua percussiva partecipazione è in bilico.
Ligio e lucido ci invita a contattare un aspirante supplente che la fortuna
ci fa identificare nientepopodimenoche in Gian Maria, e cioè il suo
predecessore, il quale si mette a disposizione con l’entusiasmo e la
generosità dei veri amici. Alla fine, dopo una settimana di dubbi e
ritocchi, vengono confermate le formazioni originali che, alle ore 20 di
sabato 24 febbraio 2007, si ritrovano compatte alla meta. Come succede ai
migliori e più micidiali e temuti pistoleri, che erano ben coscienti di
dover incontrare prima o poi qualcuno più svelto di loro, anch’io ho trovato
il mio maestro in Ezio, che riesce sistematicamente ad essere più in
anticipo di me. E’ finita un’era e finché ce l’avrò fra i piedi dovrò
accontentarmi della medaglia d’argento.
Il palco di legno scuro viene invaso dalla
nostra attrezzatura, di cui la maggior parte è a me imputabile. Perché,
capite, io sono la cerniera fra i due gruppi, suono in entrambi, mi alterno
sui due generi e poiché il tempo scorre e le occasioni di esibire il mio
formidabile parco strumentale si assottigliano, ho deciso che in quest’occasione
non mi sarei fatto mancare niente. Ho così portato, per il primo set, il mio
nuovissimo irish bouzouki, mandolone a otto corde e fondo piatto, con cui mi
sono di nascosto esercitato sulle due prime canzoni, e Nerina, la panciuta e
sonora dodici corde, per riempire ogni angolo delle altre tre (canzoni, non
corde). Il mio blues sarà invece signorilmente servito dal dobro americano
rosso e oro e dalla morbidissima (come suono, come tastiera, come
diteggiatura) semiacustica Ibanez Artist, la mia prediletta. Poi, giusto per
strafare, mi sono comprato ed ho portato con me il famoso Green Bullet – la
Pallottola Verde, microfono speciale per armonica così battezzato per la
forma a ogiva, adatta ad essere racchiusa nella stessa mano che regge il
minuscolo strumento.
Va da sé che, nel sistemare la batteria, gli
amplificatori, le spie, i microfoni e quant’altro, doversi destreggiare con
quattro custodie, tre sacche, una cassetta degli attrezzi e via ingombrando,
crea qualche problema. Per lo meno a me, che inciampo malamente in quel
magazzino che mi sono portato dietro e mi sbrego violentemente lo stinco
sinistro. Fortunatamente la divisa che ho scelto per la serata è di un rosso
vivace (pantaloni, calze, camicia, maglione) e quindi il copioso sangue
fuoriuscito si mimetizza fra i tessuti e non fa urlare di raccapriccio il
sensibile pubblico femminile delle prime file.
La prova volumi deve tener conto delle diverse
esigenze, timbriche e logistiche, delle due formazioni e devo subire lo
sprezzo (di quelli che dovrebbero essere i miei più vicini e affezionati
sostenitori) nei confronti della melodicità del mio ultimo nato, il
bouzouki.
“Miii, non puoi togliergli un po’ di acuti? – protesta Maci – Ti entra
proprio dentro, ti fora i timpani.” “Quanto l’hai pagato?” ironizza Dario,
sottintendendo che un affare così non meriterebbe nessuna spesa, neppure
minima.
Ad ogni modo tutto è pronto, con calma e
metodo, anche perché la imprescindibile regola di Nico, il gentilissimo
gestore, è di iniziare non prima della trasformazione della carrozza in
zucca, dei cavalli in topi e dell’arrivo dell’ultimo socio e cliente. E’ con
un certo coraggio e rischio personale che alle 23.30 salgo sul palco e,
imbracciato lo strumento, lo metto di fronte al fatto compiuto iniziando il
concerto.
La data odierna, riportata più sopra, è
storica: l’Italia ha battuto la Scozia sul suo campo nel torneo 6 Nazioni e
l’Irlanda ha stracciato l’Inghilterra. Mi è quindi facile legare questa
rugbistica accoppiata alle proposte musicali irlandesi di noi italiani, con
una Star Of The County Down potentemente muggita da Ezio come il più
arrochito frequentatore di un pub di Dublino.
Inoltre ho buon gioco nel dedicare il dolente
canto di un costruttore della ferrovia transcontinentale americana al
presidio NoTav di Venaus, col motto “Ferrovia, sì: ma UNA sola!” Il pubblico
presente accoglie entrambe le dediche con ruggiti di approvazione. E’ bello
suonare con e per i tuoi pari!
E la serata prosegue con la musica del diavolo:
il blues dei BlueStyle. Dario è una sicurezza ritmica, Marcello si agita
allegramente (minacciando più volte il mio mento col manico del suo basso)
trascinante da par suo e Andrea è semplicemente perfetto con la sua
padronanza di ogni stile: le sue dita e la sua Strato ci ripropongono i
fraseggi e le sonorità dei Grandi (Vaughan, Hendrix, Clapton, Knopfler,
Berry) ma soprattutto l’anima e la personalità di “Rolex” Roletto!
La serata si chiude con una indiavolata jam che
vede sul palco i due gruppi riuniti oltre agli ex-bluestylers fraternamente
venuti ad assistere all’esibizione del loro ex-gruppo: ovviamente Gian
Maria,
che rulla uno dei suoi ben noti assoli e lo slideman Marco, sempre lirico e
potente, mentre fra il pubblico ci incita Anna Rosa, il nostro più ammirato
sexy-sax.
Quello che non mi era chiaro era lo sguardo
preoccupato del pubblico delle prime file che, invece di godersi appieno il
formidabile spettacolo offerto, si dimostrava inquieto e distratto. Una
rapida occhiata mi fece scoprire l’arcano: stavamo affondando. Una falla
verificatasi chissà dove riversava torrenti d’acqua nella sala ed in primis
verso il nostro palco. Nico e i suoi, con disperata e intrepida fatica,
cercavano di arginare, tamponare, bloccare e asciugare, ma l’acqua saliva
sempre più. Ora, noi tutti siamo validi nuotatori e non era dai flutti che
poteva arrivarci il maggiore danno. Ma l’intrico dei cavi, connessioni,
alimentatori, amplificatori, luci ed elettricità varie che correvano e
giacevano ai nostri piedi, be’ quella era un’altra storia: un minimo corto
circuito avrebbe potuto scatenare un gigantesco barbecue di bluesmen. Il mio
sguardo incrociò per un attimo quello di Nico e lessi il suo messaggio:
tranquilli ragazzi, qui ci penso io. Voi fateci volare ed io vi terrò a
galla. Ok Nico, d’accordo. E se anche dovessimo affondare, quale fine più
gloriosa e dolce che perderci nelle sanguigne note del blues?
Ma tutto andò liscio e sull’onda (è il caso di
dirlo) dell’ultimo accordo e dell’ultimo applauso io gridai nel microfono,
felice e commosso: “I BlueStyle non sono un progetto, non sono un gruppo:
sono una ragione di vita!”
Mentre smontiamo rapidi il palco Dario mi
apostrofa sogghignando: “Dai, dammi una mano, ragione di vita!”
Sfotti, sfotti. Ci sei dentro anche tu. Fino al
collo.
Home: www.bluestyle.org