ELOGIO
DELLA VENDETTA
La
prima mitica vendetta è senz’altro quella di Ulisse ed è
esagerata come è scritto che debbano essere le vendette. Per onestà
ce lo suggerisce lo stesso Omero che mette in bocca ai suoi
antagonisti tutte le loro ragionevoli argomentazioni: in fondo cosa
facevano di male i Proci? Pretendevano di porre fine alla ventennale
vacanza di un re che se n’era andato a guerreggiare portando a
morire la meglio gioventù dell’isola, di ridare finalmente a
Itaca una guida e un sovrano e per ottenere ciò pazientemente
cercavano di forzare la mano alla riluttante regina Penelope. Ma
Ulisse non ci sta e ad Eurimaco che, sbigottito dalla repentina
ricomparsa del Grande Assente che ha appena infilzato con l’antico
arco il capo dei bulli Antinoo, si dice pronto a fare pubblica
ammenda e rifonderlo di quanto gli hanno consumato, replica
digrignando i denti che vuole la sua vendetta. Gli hanno insidiato
il trono e la moglie (lui ancora vivo), cercato di uccidere il
figlio (non ci sono riusciti, badate, ma tanto basta) ed ora vuole
sangue, il sangue di tutti, non escluse le servette compiacenti che
hanno fatto bunga-bunga con i Proci.
“L'atrocità della vendetta non è proporzionale all'atrocità
dell'offesa, ma all'atrocità di chi si vendica. (Nicolás
Gómez Dávila)” perché qui non vale la legge del
taglione, occhio per occhio e dente per dente, che è solo la più
spiccia e antica forma di semplice giustizia, prima che il
Cristianesimo invertisse di 180° l’approccio col nemico.
Eppure
a noi i vendicatori in genere sono simpatici e tendiamo spesso a
giustificarli ed approvarli. Chi si vendica in genere non lo fa per
impetuosità e leggerezza; è qualcuno che ha molto subito e
ingiustamente. Come argomento sempre io, se tu decidi di cominciare,
imponendomi un torto inutile, gratuito, violentando la mia vita, i
miei sentimenti, il mio essere, allora come e quando e a che livello
finire questo maledetto gioco lo decido io e ti farò scontare sia
il danno subito che la sciagurata iniziativa.
Chi
minaccia non si vendica; il vendicatore non si annuncia, ma colpisce
al momento propizio. La vendetta è un piatto che si gusta freddo,
va preparata lucidamente e meticolosamente come ci insegna il Conte
di Montecristo. Gliel’hanno combinata bella: accusato,
imprigionato e deportato spezzandogli carriera, affetti, matrimonio,
speranze. Ma l’autore lo salva, lo rende straricco e gli concede
un buon decennio per prepararsi a ripagare il bene col bene e il
male col male: “E ora – disse l'uomo sconosciuto – addio bontà, umanità,
riconoscenza... Addio a tutti i sentimenti che allargano il
cuore!... Mi sono sostituito alla Provvidenza per ricompensare i
buoni... che il Dio vendicatore mi ceda il suo posto per punire i
malvagi!”
Amleto è un caso a parte. Buoni motivi per vendicare la fraudolenta
morte del re suo padre da parte dello zio che voleva fregargli regno
e sposa ne avrebbe. Ma esita e tentenna, non ha le idee chiare,
“si finge pazzo non per attuare la vendetta ma proprio per rimandarla,
perché non è uomo d’azione e troppo gravoso è il compito
affidato per un animo nobile e sensibile come il suo (Francesca
Santucci)” e alla fine la sua vendetta è scomposta e
improvvisata, più rimuginata e arrovellata che pianificata e
attuata.
Magistrale esempio di vendetta è invece La Cena delle Beffe, film
di Blasetti del 1941, dal dramma omonimo di Sem Benelli. “Un
melodramma torbido e serrato, incredibilmente ambiguo e sanguinoso
per l'epoca. (Mereghetti)”. Nella Firenze medicea Giannetto
Malespini non ne può più degli scherni e delle violenze e
umiliazioni che subisce dagli arroganti fratelli Neri e Gabriello
Chiaramantesi; così, superando la propria debolezza, ordisce una
acre beffa per render loro, e soprattutto a Neri, il suo
persecutore, pan per focaccia. Ma quando Giannetto capisce che Neri
non ha imparato la lezione e non accetterà mai la mano che gli
viene tesa per chiudere la loro questione, decide di andare fino in
fondo, alzando la posta, sbigottito egli stesso dalle terribili
conseguenze del suo piano.
Tremenda,
quando arriva, è la vendetta dei meschini, dei derisi, degli umili.
Come ci conferma Rigoletto - "Sì, vendetta, tremenda
vendetta di quest'anima è solo desio" – od il suo alter
ego Hop Frog creato da Poe per vendicarsi in modo bruciante del
pomposo e crudele sovrano e dei suoi vacui ministri. E “Ven-d-d-deeeeet-ta!”
grida balbettando Ken mentre guida lo schiacciasassi contro il
traditore Otto, reo di avergli mangiato Wanda, il suo pesciolino
preferito.
Cosa
cercano i personaggi in un sacco di film western e d’azione?
Dall’intraprendente quattordicenne Matty Ross che assolda il
Grinta per catturare l’assassino di suo padre, all’enigmatico
Armonica che ha un pesante conto aperto con il sadico pistolero
Frank ne “La conquista del West”, al rugginoso e “spietato”
William Munny/Clint Eastwood, che prima vendica la prostituta
sfregiata e poi l’uccisione del suo vecchio amico, via via
passando per “Il Vendicatore di Jess il bandito”, “La vendetta
dell’uomo chiamato cavallo”, “I due volti della vendetta”,
“L’albero della vendetta”, “V per vendetta”, “007
Vendetta privata”, “I Vendicatori”, ma ovviamente non è
necessario che il termine sia compreso nel titolo. “Il Giustiziere
della notte” – e non solo lui – vorrebbe convincerci con
questo titolo che Paul Kersey è solo il supplente di una polizia e
magistratura impotenti, ma la molla iniziale è nell’estrema
violenza subita da moglie e figlia, la sua è una missione
vendicatrice.
E’
la Sposa di Kill Bill a mettere in atto la più sanguinosa e
sacrosanta delle vendette: l’hanno massacrata, lei e la creatura
in grembo, davanti all’altare, per gelosia e con sadismo.
Incredibilmente è sopravvissuta ed ora i suoi aguzzini, come lei
tutti killer addestratissimi, saranno sfidati ed affettati uno a
uno. La storia è quasi un remake de La Sposa in Nero di Truffaut
(1968), dove la protagonista elimina uno a uno i responsabili di un
altro omicidio ancorché molto meno sadico e più accidentale.
“La vendetta per me è indifferenza. Ho lavorato molto su me stesso ma
ora ti dico che regalare l'indifferenza è una punizione fantastica
poiché non c'è nulla di peggio per chi la subisce e nulla migliora
la vita quanto dimenticare chi ci ha causato del male o,
semplicemente, noie. (Giovanni
Scafoglio)”. Io sono
vendicativo, è assodato. Ma sono anche pigro e mi si confà di più
sedermi da cinese sulla sponda del fiume e aspettare. Il tempo è
galantuomo, tutti i nodi vengono al pettine, i mulini degli dei
macinano tardi ma macinano molto fine, e aggiungiamoci, per buona
misura, tanto va la
gatta al lardo. Magari, quando passerà il cadavere
del mio nemico, mi renderò conto che ho vissuto benissimo, nel
frattempo, senza cercar di vendicarmi su di lui. Il massimo
risultato con il minimo sforzo.
5/9/12
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