LA VOCE DEL PADRONE
Concerto BlueStyle a "La Terrazza sul Po" - 2/08/07
Era il simbolo della EMI/Parlophone: un
cagnolino bianco che ascoltava stupito la voce del suo padrone che usciva da
un vecchio grammofono a tromba. Questa immagine (un dipinto di Francis
Barraud che ritraeva il suo bull-terrier Nipper, intitolato appunto “His
Master’s Voice”, acquistato nel 1899 dalla Gramophone Company per farne il
suo marchio) mi è tornata alla mente ieri sera quando Paola mi disse che
aveva chiamato al telefono Marcello, disperso nelle pianure ungheresi, e gli
aveva fatto ascoltare in diretta la versione di Stormy Monday che i
BlueStyle stavano eseguendo pochi metri più in là senza di lui. Questo
tenero gesto mi commosse: immaginavo il buon Maci, lontano da casa, dagli
affetti e dal gruppo, che ascoltava stupito e intenerito la mia voce che si
arrampicava incerta sui sentieri canori su cui lui era solito correre a
perdifiato. Sia ben chiaro, quindi, che il paragone non vuole in alcun modo
suggerire l’ipotesi che io mi senta il “master” di Marcello. Al contrario,
alla Terrazza sul Po era lui da considerarsi il padrone di casa per la sua
assidua frequentazione e le sue ripetute esibizioni con Nicoletta e sempre
lui il promotore e mentore di questa serata che vede impegnati i BlueStyle
orfani della sua possente ugola e del suo tonante basso.
Come abbiamo risolto questo impasse? Come
abbiamo tappato questo enorme (artisticamente parlando) buco? In effetti,
consultando gli annali e le agendine di più di quindici anni di concerti, le
assenze del Nostro (sempre motivate dalla sua assurda abitudine di mangiare
e quindi di lavorare per guadagnare a sé e famiglia il pane e il
companatico) sono state non poche ed ogni volta si doveva cercare un valido
bassista a cui insegnare in poche affannate prove il repertorio, mentre le
sue parti vocali venivano in qualche modo faticosamente coperte dal
sottoscritto.
Anche questa volta la sorte ci è stata benigna
e Davide è stato una piacevole sorpresa per la sua abilità nel cogliere
immediatamente ogni sfumatura dei pezzi, per la sua tecnica sicura, nonché
per la sua cortesia e simpatia. Mentre io e lui esaminiamo con occhio
critico il palco e il cielo ancora tormentato da nubi gravide di pioggia (il
concerto decollerà regolarmente, ma subirà un brusco finale sotto uno
sgarbato e violento temporale estivo) si chiacchiera di musica fatta,
ascoltata e vissuta. Davide dichiara il suo apprezzamento per Colui che è
stato chiamato a sostituire, per il suo stile e il suo tiro così come lo ha
colto dalle nostre incisioni e sono sicuro che Marcello (che rimpiange
spesso di non avere più tempo da dedicare allo strumento) apprezzerà molto
questo sincero giudizio di un eccellente collega.
Approposito di colleghi, forse non ho ancora
ufficializzato che i BlueStyle sono tornati ad essere un quintetto. Bene, lo
faccio ora. Miki, il tastierista ospite al Night & Day di Druento, è entrato
in pianta stabile col suo ingombrante armamentario. A differenza dell’ottimo
Davide (non Davide il sostituto bassista, Davide il tastierista di sette
anni fa! Uff… troppi Davidi!) che era e voleva essere quasi esclusivamente
un pianista, Miki si caratterizza per i gonfi e gorgoglianti suoni del suo
organo Hammond, perfetti per rievocare le sonorità blues e jazz degli anni
“60, là dove i BlueStyle attingono la maggior parte del loro repertorio.
Essendo dotato di tecnica sopraffina e di estro improvvisativo, possiamo
nuovamente proporre al nostro affezionato pubblico un alternarsi di assoli,
non più incentrati soltanto sulle sanguigne cavalcate di Andrea e a cui solo
sporadicamente il sottoscritto aggiungeva qualche ritrosa pentatonica.
Approposito di Andrea “Rolex” Roletto, credo
che cambierò il suo soprannome in “Zelig”, cioè il camaleonte umano
inventato da Woody Allen, capace di trasformarsi (badate: non “imitare”)
nel suono e stile di ogni grande chitarrista. L’ho detto e l’ho ripeto: Andrea
“è” Hendrix in Red House e Little Wing; “è” Clapton in Ain’t Going’ Down e
All Your Love; “è” Knopfler in Six Blade Knife, “è” Vaughan in Mary Had A
Little Lamb; “è” Moore in The Blues Is Alright. E’ incredibile, ma in
ciascuno di questi pezzi Andrew si trasforma e dalla sua Strato (era mia
fino a un mese fa, ma ora è legalmente sua) fa uscire quelle sonorità e
quelle note. Però, ripensandoci, non sono sicuro di fargli un favore con
questo apprezzamento. Perché quando Andrea non deve rifarsi a un altro
famoso chitarrista e si limita ad essere se stesso, noi ascoltiamo un
fraseggio elegante e intenso, grintoso e melodico, coinvolgente e fluido.
Sì, per Andrea vale l’epitaffio di Danny Gatton: “Sapeva suonare come
chiunque, ma nessuno sapeva suonare come lui”.
E Dario? Il nostro drummer in questo periodo è
in stato di grazia, pieno di idee e proposte e voglia di migliorare ogni
aspetto delle nostre esibizioni, dal numero e contenuto delle prove, a nuove
proposte di repertorio e sonorità, alla disposizione sul palco. Così ieri
sera abbiamo trascorso una piacevole mezz’oretta nel cercare di decidere
come disporci, se sull’asse nord-sud o su quello est-ovest, visto che il
pubblico ci circondava da più parti; quanti musicisti davanti e quanti
dietro, che angolazioni fra i vari strumenti, eccetera. Il fatto che
l’arrivo di Enrico, il titolare del locale, ci abbia poi convinti alla più
classica e ovvia delle sistemazioni non toglie nulla all’importanza delle
nostre ipotesi, studi e speculazioni.
Fra il pubblico di amici e conoscenti c’era
anche tal Daniele, anch’egli batterista, che durante la cena, le prove
volumi, la pausa-sigaretta, l’attesa del concerto, conduce un serrato
confronto con Dario. Chi è il tuo batterista preferito? Che ne pensi di
Xmvhrte? Io lo trovo superiore a Tgfhrukw. Con che metodo studi? Quello di
Lwpvn? Io uso Nzprlgh. Tu a che pagina sei arrivato? Come usi il polso
destro quando devi fare ratan-tac-tac-tan-totoc-trum? Mi presti le
bacchette? Ecco, senti questo tempo…
Io? Oh, io sono il solito nevrotico, in ansia
per tutto e soprattutto diffidente delle mie possibilità e prestazioni.
Però, quando sento il gruppo che tira, la musica che vola, il pubblico che
applaude, a volte dimentico persino di preoccuparmi e mi agito a tempo
barcollando a occhi chiusi, strappando gli accordi e spingendo
nell’armonica, impiccando la voce e sciogliendomi negli eterni tre accordi
del blues.
Ok, è finita, it’s over. Il temporale ci
ricaccia gli ultimi pezzi in gola e nelle dita da cui li tireremo fuori alla
prossima occasione. Smontiamo con cautela, protetti dal gazebo, attenti a
non bagnare gli strumenti. Io ho già finito e carico l’auto. Dario e Daniele
invece sono accoccolati accanto alla batteria già a pezzi e fanno
tagatac-truuuum-ta-tac… tan-tan-tan-tututum…un-ga.un-ga.un-ga-crash!...
Be’, buona notte.
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