A
GOLE SPIEGATE
Concerto Coro Largabanda - Cecchi Point, Torino 22/12/2010
Come
dite? Certo, l’ultimo posto dove ci si aspetterebbe di trovare un
bluesman, uso ad ululare solitario alla luna la sua ondeggiante
melanconia, è in un coro di ugole allineate e scandite. Eppure il
2010 ci porta anche questo ossimoro, ovvero l’ingresso
dell’anarchico sottoscritto nel coro Largabanda diretto
dall’infaticabile e preziosa Donata Guerci, accompagnato al piano
dalle sapienti mani del M° Umberto Cariota ed impreziosito dagli
inserti alla chitarra (una tintinnante Gretsch Tenessean color
castagnaccio) e all’armonica del nostro Presidente Massimo Lajolo.
Diciamo
subito che la proposta era di quelle che non si possono rifiutare,
sia per l’alta qualità del progetto, sia per l’amicizia con i
corodirigenti, sia per l’effervescente ensemble formatosi nel
primo anno di attività. Ammetto a mia vergogna e confusione che non
sono assolutamente in grado di accoppiare correttamente nomi e visi,
né citarli tutti; posso solo elencare, a spanne, fra i soprani e i
contralti (gruppo A e B) un paio di Marine, altrettante Cristine e
poi qualche Silvia, Maria, Rosetta, Patrizia, Monica, Michela,
Ester, Annalisa, Antonietta, Flavia, Francesca, Gabriella, Raffaella,
Silvana e via gorgheggiando, oltre a Sara Beth, l’unica che,
essendo nativa del Michigan, capisce esattamente quello che
cerchiamo di comunicare con le nostre strofe rigorosamente in
inglese. No, mi correggo: nel repertorio di brani gospel, blues,
jazz e moderni annoveriamo anche un canto sacro in latino, unica
occasione per noi europei meridionali di pareggiare il conto con
l’anglofona Sara.
Lo
sparuto gruppo C (baritoni e bassi assortiti) a cui sono stato
aggregato è abbastanza ristretto per permettermi di identificare
quasi tutti, o almeno i più assidui: Renato, Fabrizio, Davide,
Beppe, Marco; prossima new entry il nostro Fulvio, a rinforzare la
maschia squadra. Mi scuso ovviamente con gli involontariamente
negletti e omessi.
Bene,
l’avventura, come era da aspettarsi da una direttrice sagittario e
con i capelli ricci, è organizzata meticolosamente. Ogni corista
riceve a casa il testo dei pezzi in scaletta, oltre a numerosi files
sonori in cui Donata, sulle basi di Umberto e Massimo, espone le
varie parti vocali, ascoltabili singolarmente o tutte insieme, in
modo che i più seri e secchioni possano arrivare alle prove già
studiati e pronti ad inserirsi senza problemi nell’armonizzazione
generale. I più pigri e pasticcioni invece (ma forse il plurale è
ingiusto: credo di essere l’unico esponente di questa deplorevole
categoria) prima si ascoltano i brani, a loro spesso sconosciuti,
nell’arrangiamento corale; poi devono identificare la singola
linea musicale assegnata al gruppo C, ma la scarsa pratica con
questa ferrea disciplina spesso li fa traballare e una volta in
gruppo vengono talvolta distratti dalla melodia di base
(generalmente affidata a quelle pepie raccomandate dei contralti!),
s’impappinano e barcollano fra una parte e l’altra. Il momento
più angosciante è prima di iniziare ogni brano, quando Donata
rapidamente percorre il semicerchio delle sue truppe e ad ognuna
assegna sottovoce la nota di partenza: doooo… miiiii… soool; poi
ti guarda a muso duro, con gli occhi socchiusi alla Charles Bronson
e sibila: ce l’avete la nota? In quei momenti mi viene da cercarmi
affannosamente in tasca, sperando di trovarla almeno lì, quella
maledetta nota!
Comunque,
il bello di far parte di un coro è che l’unione fa la forza, le
responsabilità sono suddivise e non puoi fare troppi danni da solo.
Così, il mercoledì prima di Natale, il Coro Largabanda - preceduto
dalle funamboliche chitarre di Ettore Cimpincio (sì, il mio antico
maestro di blues acustico; ma, come ebbi già a dire in altra sede -
vedi Musica Amore Mio - credo che non ci tenga
a farlo sapere, visti i magri risultati ottenuti con me) e Daniele
Camera, ovvero i For Me Double - ha proposto il suo intero
repertorio nella rassegna musicale del Cecchi Point di fronte a un
numeroso e caloroso pubblico.
Dal
mio posto a destra sull’ampio palco, lottando contro smemoratezze
e afonie, non ho potuto cogliere compiutamente l’effetto globale
della nostra performance, per quello rivolgetevi a chi era seduto in
sala. Ma posso dirvi che quando Umberto ha lasciato la tastiera per
intonare con la sua limpida voce “Hallelujah” di Jeff Buckley,
nei passaggi in cui il coro si univa e rinforzava e partecipava e
volava con lui, mi è corso un brivido lungo la schiena e ho
ricacciato indietro un paio di grossi lacrimoni di emozione.
Grazie
a tutti e Buon Anno. La Musica sarà sempre con noi.
il
Coro Largabanda; a dx Massimo Lajolo e Umberto Cariota
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