Franco e Renato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel suo studio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"A Franco e a Moja: amici da sempre, "artisti", amanti del medioevo e del fumetto. A chi, meglio che a loro, l'autore potrebbe dedicare un fumetto medievale, "artistico"? Con l'amicizia di sempre. Renato"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Renato e Patrizia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CIAO RENATO

 

Villafranca d'Asti - 4/01/2011

 

La zona era il feudo di Renato. Appena diciassettenne aveva collaborato creativamente ad un libro riguardante la storia di Asti. La leggenda narra che, ancora liceale, nelle interrogazioni gli capitava di nominare il libro e, quindi, il proprio contributo al medesimo. I cantori ci parlano ancor oggi delle espressioni attonite dei suoi docenti, costretti a dare il voto ad un autore che citava se stesso e la sua opera. Oggi è professore di Storia Medioevale e non vi tedierò con il suo curriculum, o l'elenco delle sue pubblicazioni.

L'amore per il passato, prossimo o remoto, ne caratterizzavano già allora la personalità. Girava per il paese abbigliato come un gentiluomo del Sud: giacca lunga, tipo redingote, cappello di feltro chiaro a larga tesa, canna da passeggio. Appassionato e cultore della storia del West, era musicalmente colto, sia per quanto riguardava i canti originali dei pionieri, che per le colonne sonore dei film western, compresi i "western-spaghetti" di Sergio Leone e dei suoi imitatori. Conscio che ciò che oggi è "passato" era ieri cosa quotidiana, non buttava via nulla che potesse un giorno avere un qualche valore culturale o di documento e collezionava di tutto: giornalini, riviste, giocattoli, libri, manifesti, fotografie, eccetera. Cosa che rende "oggi" estremamente divertente e interessante frequentare la sua casa. (...) 

Suo grande pregio, almeno ai miei occhi, era la vivacità intellettuale, che gli permetteva di dedicare la stessa appassionata attenzione ad argomenti seri, ma anche ad aspetti più frivoli, giudicandoli rappresentativi della cultura del loro tempo. 

(Musica Amore Mio, cap. 3, pagg.42-43)

 

 

Nel 1980, però, il mio amico Renato (sì, il professore) realizzò un vecchio progetto: un film in super8 intitolato "La Trasia", di cui aveva in testa da tempo soggetto e sceneggiatura.

"Durante un viaggio sulle colline della sua infanzia il protagonista, accompagnato da un emblematico oggetto-guida (la trasia), nel confronto tra la situazione del passato e quella del presente si accorge dell'insanabile crisi d'identità del contadino pendolare, solo in apparenza emancipato dalla fatica dei campi, ma di fatto dissociato tra due realtà che non gli appartengono più interamente, la fabbrica e la campagna". 

Bello, vero? (...) Personalmente, sono da sempre innamorato della sequenza finale, in cui la trasia (che è un anello di vimine, usato un tempo per fissare il giogo dei buoi all'aratro) rotola giù per la scarpata, in un tramonto rosso e nero, ondeggiante di fili d'erba al vento, con un montaggio estremamente suggestivo. Renato interpretò anche il protagonista, coinvolgendo parenti e vicini nelle altre parti. Si sa, nei paesi i cognomi tendono a ripetersi, tutti sono imparentati fra di loro e noi non perdiamo occasione, alla fine della proiezione, per sfottere e sottolineare il continuo ripetersi del cognome di Renato nei titoli di coda.

Io fui invitato a fornire la colonna sonora.

(Musica Amore Mio, cap. 10 pagg.126-127)

 

 

Entro nella Sala dei 500, all’Unione Industriale. È qui che stamattina presenterò il mio libro “La Porta di Samain”. (...)

È Storia, ormai, come il Laboratorio Musicale del Graal incantò con pochi squisiti pezzi l’intero uditorio (compresi gli Industruniti padroni di casa) ed in primis un ammirato Renato Bordone che richiese a gran voce il bis, e come quest’ultimo illustrò con parole alate l’eterno mito di Artù e il bisogno di sogni che tutti portiamo in petto, suscitando l’ammirazione e il compiacimento degli astanti ed i Graaliani in primis, e come entrambi si profusero in dolci detti sull’immeritevole autore, consigliando senza riserve la lettura del brillante volumetto (di cui l’uno era prefattore e gli altri editori: non che questo potesse minimamente intaccare la loro obbiettività, of course).  

(Il Blues & il Graal - La Sconfitta di Mr. Mollo - pag. 191-194) 

 

 

Così Andrea, il giovane incauto Andrea, chiede incuriosito: “Ma esattamente, cosa successe ad Alamo?” 

Inutilmente la mia bambina, lei sì ben edotta sui rischi di tale domanda - micidiale in quel contesto - si agita e si sbraccia per fermarlo. Inutilmente lui, improvvisamente conscio della immane sciocchezza commessa, stringe ripetutamente la mano orizzontalmente a pugno invocando sinteticità nella risposta. 

Noi ci guardiamo; poi, di comune accordo, lasciamo la parola al Prof. Bordone, mentre Marco si precipita in casa e ne esce con una consunta copia de “La conquista del West” di Piero Pieroni ed io e Enrico ci assestiamo sugli scranni, pronti a integrare e chiosare la esaustiva, ricca, completa, affascinante lezione del Professore.

Un’ora dopo Andrea ha due cose ben chiare in mente: 

1) l’intero quadro storico, economico, leggendario, folkloristico, cinematografico e musicale connesso con il periodo dell’espansione degli Stati Uniti nella prima metà del secolo diciannovesimo, e 

2) mordersi la lingua prima di fare domande stupide. 

(Il Blues & il Graal - Frammenti e congedo - pag. 227) 

 

* * *

"Resta per sempre qualcosa di noi;

non capita sempre, però, che rimanga

la parte che noi giudichiamo migliore,

quella che un giorno Renato Bordone

con frase felice chiamò "il diamante",

il succo, l'essenza, l'estratto, il ricordo..."

(Davanti allo Specchio - parole e musica di F. Nervo - 1972) 

 

* * *

 

Abbiamo salutato Renato nella sua Villafranca, in una chiesa gremita fino all'inverosimile e oltre di colleghi, discepoli, prelati, autorità e amici. Ne abbiamo ricordato l'ingegno accademico e i mille progetti, la sua passione civile e sociale, netta e critica ma mai faziosa, il suo dare e fare senza calcolo e senza mercato, la sua capacità di essere amico di tutti facendo sì che ciascuno se ne sentisse amico particolare. Marco ha diffuso le note di "C'era una volta il West" di Morricone come affettuoso e calzante saluto. 

Sono sicuro che il premio che gli è stato apparecchiato è l'intera biblioteca dell'abbazia del Nome della Rosa a sua disposizione ed ora è là che scartabella fantastici volumi e prende appunti. 

Un amico. Un grande Amico. Un Grande.

 

 

 

All'Unione Industriale, presentazione de "La Porta di Samain"

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