BABYLONIA
BLUES
Concerto BlueStyle - Magazzino di Gilgamesh 15/05/09
Nessuno
potrà accusare i BlueStyle di aver preso sottogamba l'impegno con
il Gilga (ormai il rapporto si è così fraternizzato che ci
permettiamo di chiamarlo con questo disinvolto diminutivo), nostrano
tempio del blues. Non solo è stata curata maniacalmente la parte
musicale, l'immissione in scaletta di nuovi pezzi (gesto di affetto
e rispetto per chi ci segue regolarmente, per non riscaldargli
sempre la stessa minestra), le rigorose sequenze degli assoli, i
brucianti inizi e i perentori finali, le prestigiose e invidiate
chitarre che i due chitarristi porteranno sul palco e si
scambieranno fraternamente, la pronuncia delle strofe assegnate a
Marcello… insomma, oltre ad ogni aspetto tecnico ci si è anche
concentrati sull'immagine del gruppo entrando nello spinoso campo
degli abiti da scena. Si è così scoperto che qualche bluestyler
optava per una specie di divisa, o almeno per l'utilizzo di qualche
accessorio distintivo (c'era chi proponeva cappelli alla tirolese,
chi dei kilt scozzesi, chi l'uso di scarpe ortopediche).
L'anticonformista scrollava le spalle e annunciava che sarebbe
arrivato casual, senza alcun rispetto per le democratiche decisioni
della maggioranza. L'esibizionista si annunciava in ridottissimo
costume da bagno, per conquistare con l'esposizione del proprio
corpo scultoreo l'attenzione e l'applauso delle più vogliose
signore presenti. A questo punto venne spontaneo alzare la posta e
proporre il minimale e un filino trasgressivo "sock on the cock",
immortalato dai Red Hot Chili Peppers, che si presentavano sul palco
indossando unicamente un calzino arrotolato sugli attributi. La
proposta fu scartata avendo fatto qualcuno notare che il nevrotico
rock dei Peperoncini non era compatibile e quindi emulabile dal più
dignitoso blues. Alla fine la maggioranza dei musicisti – ed anche
qualcuno fra il pubblico – indosserà un disinvolto ma elegante
gilet, mentre il sottoscritto non rinuncerà al suo sombrero di
cuoio per annunciare e caratterizzare l'intermezzo western.
Il
Magazzino di Gilgamesh, come sanno tutti i buongustai, offre musica
cucinata e condita da uno chef a 5 stelle, ovvero microfonata,
amplificata, mixata e proposta da un impianto audio di qualità e
coordinata da un fonico professionista che garantisce la migliore
resa sonora sia al pubblico che sul palco. E' un grosso regalo per i
musicisti potersi concentrare solo su cosa suonare e non doversi
interrogare inquieti su cosa viene percepito in sala. Grazie,
Claudio.
La
sala si riempie, il ghiotto appuntamento ha portato qui stasera
fedeli amici, ma anche visi che non vedevamo da tempo ed è doppia
festa rincontrarsi in questa occasione. I fedelissimi evidenziano
amareggiati che il glorioso nome del gruppo è spesso storpiato su
articoli di testate anche prestigiose. Quando inventai il marchio,
con quella accattivante S centrale a fungere da cerniera e snodo,
non avevo previsto che sarebbe stato sezionato e frettolosamente
ribattezzato Blue Style, Blues Style e quant'altro, ignorando il
logo originale. Pazienza. Comunque, S più o meno, siamo sempre noi.
Diffidate dalle imitazioni. Tutti pronti? Si parte! Inizia il
concerto.
Com'è
andata? Ah, non so. Dovete chiedere a chi il concerto l'ha sentito.
Noi eravamo sul palco, non in sala. Allora, qualcuno ha qualcosa da
dire?
IL
TRIONFO DEI BLUESTYLE
o
CHE
COSA SI ERA FUMATO FRANCO?
(di
Isabella Basso)
Prologo
- Partiamo
dall’inizio, partiamo dal reclutamento dei BlueStyle per questa
serata. Il primo contatto lo si deve a Miki Bergantino, che tre mesi
fa aveva suonato al Magazzino di Gilgamesh (leggasi: storico e
importante punto di riferimento per la musica dal vivo e in
particolare per il blues nell’ambiente torinese) con i Chicago
Sound Machine di Andrea Preto (cfr. 90° minuto: Golden
Blues). Franco non poteva certo permettere che il suo
tastierista andasse a ricamare assoli su pezzi suonati da altri
senza il suo consenso, così si sentì in dovere di andare a
dar loro la propria benedizione.
Poi
fu la volta dei Divani su M’Arte (cfr. 90° minuto: Scrittore
o musicista?), organizzati da Lord Theremin, ai quali Franco
venne invitato a partecipare in qualità di scrittore, e che lo
portarono al Magazzino di Gilgamesh un altro paio di volte. Insomma,
Franco e Miki riuscirono infine a strappare... ehm... volevo dire,
si offrirono benignamente di fissare, nella affollatissima agenda
musicale dei BlueStyle, una data al Magazzino di Gilgamesh.
Da
quel momento prese il via quella che Dario ha definito acutamente
“psicosi pre-Gilgamesh” – e, da futura psicologa clinica, mi
complimento con lui per la competenza dimostrata, rassicurandolo che
tale patologia sarà certamente inclusa nella prossima versione del
DSM (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders).
Non
solo prove (poche ma concitate), revisioni su revisioni della
scaletta, nuovi pezzi in repertorio, ma addirittura scambi di mail
frenetici su come vestirsi per la serata. Manco a farlo apposta, la
scelta della divisa ricade su gilet dello stesso modello di quello
che sfoggio io quella sera – giuro che non l’ho fatto
apposta...
Svolgimento
– Arrivati con
impaziente anticipo e affamati, Simone, mio compagno di disavventure
per la serata, e io ci diamo alla cucina cajun (ho scoperto come si
pronuncia e sono disposta a rivelarlo dietro pagamento!).
Quando
finalmente le luci si spengono e i musicisti vengono recuperati e
issati sul palco, la sala è piena, la cucina funziona a pieno
regime, la birra scorre a fiumi e io ho riconosciuto nel mio vicino
di tavolo il proprietario della copisteria dove vado sempre per
l’università.
I
concerti dei BlueStyle non possono mai essere raccontati,
descritti, recensiti. I concerti dei BlueStyle già in condizioni
“normali” sono un’esplosione che ti strappa dalla sedia e che
ti muove qualcosa dentro, like a rolling stone. I concerti
dei BlueStyle non sono concerti, sono una festa, uno spettacolo
pirotecnico, un incendio che divampa, un drago che avvolge il
pubblico con le sue spire e lo fa tremare dal primo colpo di
batteria all’ultimo. I concerti dei BlueStyle, anzi, i
BlueStyle non andrebbero misurati in decibel, ma in newton, perché
sono una forza. E se pensate che stia usando eufemismi e che li stia
incensando, probabilmente è perché non li avete mai visti dal
vivo.
Miki
e Andrea giocano, si alternano, si inseguono in assoli sfavillanti
praticamente in tutti i pezzi, ricamano arabeschi sferzanti ovunque
vi sia spazio; l’uno a tratti si alza in piedi come se fosse un
prolungamento delle proprie tastiere e non riuscisse a stare seduto
fermo mentre la musica corre nell’aria, l’altro mette a segno
intricatissimi grovigli di note a una velocità che rende faticoso
seguire il movimento delle sue dita, senza alzare mai gli occhi
dalle corde della sua chitarra.
Dario,
sotto l’immensa testa di Gilgamesh che spicca sulla parete,
picchia con maestria sulle sue casse, tamburi, piatti, quasi
sprizzando ad ogni colpo energia che poi qualcuno degli altri si
prende l’incarico di afferrare, rimodellare e mandare al pubblico,
e costruisce insieme al basso di Marcello il corpo che chitarre,
tastiere e voci andranno ad arricchire e adornare. Apprezzatissimo
il suo assolo, che inevitabilmente lo costringerà d’ora in avanti
a concederne almeno un paio a concerto.
Marcello...
è Marcello! Marcello canta, grida, suda, salta, e intanto suona.
Marcello si diverte, gioca con i suoi colleghi, Marcello non dà
l’anima quando è sul palco, perché il palco è la sua
anima, e lui dà semplicemente sé stesso. Parlando di lui, più
tardi, al mio esprimere preoccupazione per le sue coronarie e per
l'infarto che rischia ad ogni concerto, mio padre – che ha già
avuto il piacere di vederlo esibirsi più volte – commenterà:
“Secondo me l’infarto gli verrà se smetterà di farli, i
concerti”.
E
poi c’è Franco, che stasera non sappiamo bene quale sostanza
abbia assunto, sta di fatto che non sta nella pelle. Presenta i
pezzi, fa il mattatore, si avvicina a Miki per passargli, come un
testimone, l’attenzione del pubblico, si scosta per dare piena
visibilità a Dario, canta, dedica, interpreta, rompe una corda
della Diavoletto, recita da incazzato – letteralmente recita
– “Too Late”, mormora rauco il titolo di “Sad Old Red”
facendo rabbrividire Marcello per poi fargli da controcanto nel
ritornello, cosicché ne emerge una voce unica, potente e argentina,
sussurra commosso a “Crazy Mama” che non sa quanto gli è
mancata, sfotte con un sorriso la povera fidanzata di Hendrix
cantando gli ultimi due versi di “Red House”, ci minaccia di non
lasciarci tornare a casa se non intoniamo tutti il ritornello di
“The Blues Is Alright”, si precipita nel “Blues del
Mandriano” fino a diventare paonazzo, soffia come un mantice nella
sua esplosiva armonica, si esibisce perfino – udite udite! – in tre
assoli, annuncia sensuale “Fever!... feverfeverfever...”, ed è
a questo punto che Marcello, candidamente, domanda: “Ma che cosa
ti sei fumato stasera?”.
Franco
cercherà di dissimulare, replicando che più che altro ha bevuto.
Ora, se facciamo finta di credere che certi concerti siano davvero
frutto solo dell’alcol, Marcello dev’essere caduto nella
cisterna della birra da piccolo, come Obelix con la pozione magica,
mentre Franco, come Asterix, la assume solo all’occorrenza. Ma
anche mettendo nel conto l’alta gradazione della birra del
locale... non ce la conti giusta, Franco! Non può essere stata solo
la birra l’artefice della tua strepitosa performance sotto la
testa di Gilgamesh!
Perciò,
chiunque scopra che roba si fosse fumato Franco, è pregato di farla
girare...
Epilogo
– Pubblico entusiasta; applausi agli assoli di tutti, compresi
quelli vocali di Marcello; canzoni accompagnate dal battito di mani;
due bis richiesti, e poi ci hanno lasciato a bocca asciutta solo
perché non avevano programmato il terzo; pioggia di complimenti,
non solo dai numerosi amici, ma anche da appassionati del genere e
habitué del locale; Simone (uso alle intriganti sonorità folk
della musica celtica e occitana) ha ondeggiato ipnotico come un
cobra e tenuto il tempo sul tavolo per tutto il concerto; perfino il
testone di Gilgamesh sulla parete sorrideva un po’ più benevolo,
a fine concerto.
Le
due rispettive insegnanti delle scuole medie che io e l’altro ex
alfierino avremmo dovuto incontrare hanno dato forfait tutt’e due.
Dal mio punto di vista, meglio così: se ci fosse stata anche
Monica, in quel Magazzino, a condividere quella serata con me, con
noi, nessuno mi avrebbe più convinta a venir via da quel paradiso
musicale.
Come
dite? Non sono obiettiva?
No,
certo che no, cazzo! Ci mancherebbe! Come accidenti potrei se stiamo
parlando dei BlueStyle?!?
Home:
www.bluestyle.org